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Sole negli occhi
Marco (F. Gifuni) è un ragazzo come tanti altri, con problemi più o meno gravi, con una vita che forse non va sempre nella giusta direzione, con incomprensioni familiari, con problemi all'università. Un giorno, così, quasi per caso, inspiegabilmente uccide suo padre (G. Cavina). Anziché scappare, fuggire lontano, Marco decide di restare nella località balneare in cui soggiornava il padre ed affitta una camera in una modesta pensione. La polizia scopre il cadavere e chiama i familiari per il riconoscimento: arrivano quindi la madre (D. Boccardo) e la sorella (E. Macchniz). Il cerchio si stringe sempre più intorno a Marco, ma ancora non si hanno prove sufficienti, anche se Rinaldi (V. Mastandrea) un giovane poliziotto, convinto della colpevolezza del ragazzo, cerca in ogni modo di farlo parlare per poterlo aiutare.
La storia, cruda, dura, risulta più attuale che mai, in seguito ai fatti di Novi Ligure, anche se è stata girata in precedenza. Sole negli occhi è uno di quei film che ti segnano, che ti fanno pensare a cose che prima ritenevi lontane, quasi impossibili. Persone "normali", possono in un attimo stravolgere tutto ciò che le circonda. Ognuno potrebbe trovarsi in una situazione simile. Il film si propone di andare "oltre la cronaca, di essere un diario dell'anima dell'assassino", come dice il regista. Per tutta la durata della pellicola, si avverte un senso di cupa angoscia: è come se, commettendo l'omicidio non si sia posto fine a nulla, anzi, tutto inizia proprio da lì. Il disagio, la solitudine, la rabbia, la delusione, l'incertezza, tutto si ingigantisce. Marco viene quasi sopraffatto, forse non dal senso di colpa, ma dal suo non essere in grado di darsi una spiegazione, di capire perché l'ha fatto, perché è arrivato a quel punto. La cinepresa spesso riprende il protagonista di spalle, di traverso, le inquadrature sono molto dettagliate, forse troppo: ciò contribuisce ad acuire quella sensazione di "fiato sul collo", di claustrofobia, di inadeguatezza che Marco avverte ogni qual volta si trova a contatto con altre persone. Egli ha bisogno di qualcosa di puro, di incontaminato, ha bisogno di essere amato: dopo una vita di torpore, avverte tutto ciò che lo circonda. Sente il bisogno di quella normalità che aveva sempre rifuggito, comprende che quando fai una cosa, questa è diversa da come l'avevi immaginata, che può essere a volte molto più bella, ma altre decisamente terribile.
Teresa Lavanga
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