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Smile
Quello del veterano Armand Assante è di sicuro il nome di punta dell’esordio registico del romano classe 1968 Francesco Gasperoni, autore anche della sceneggiatura e, insieme a Federico Landini, della canzone "A long long time", inclusa nella colonna sonora per mano di quest’ultimo.
L’interprete di "Terzo grado" e "1492: La conquista del paradiso", però, è in realtà presente soltanto in minima parte all’interno della vicenda dei sette ragazzi – tra cui l’Antonio Cupo del maledetto "Hollywood flies" e la cantante Manuela Zanier – che, giunti in Marocco per trascorrere una vacanza all’insegna del relax, finiscono in preda a una tanto misteriosa quanto pericolosa forza oscura dopo essere entrati in possesso di una strana macchina fotografica.
Quindi, se l’idea di partenza richiama in maniera tranquilla alla memoria quella su cui John Stockwell costruì nel 2006 il suo "Turistas", non si può fare a meno di respirare in alcuni momenti anche una certa aria alla "The Blair witch project", mentre viene tirata in ballo perfino una baita isolata tra i boschi che sembra uscita direttamente da "La casa" di Sam Raimi.
E bisogna dire che, grazie soprattutto alla curata fotografia di Gianni Marras, l’opera riesce addirittura a godere di un taglio internazionale (pregio non da poco se consideriamo il tecnicamente triste universo di celluloide italiano d’inizio millennio), trovandosi però a dover fare i conti con una non sempre convincente prova da parte del cast e, soprattutto, con un confuso script tempestato di dialoghi involontariamente grotteschi.
Confuso script che finisce poi per mostrare definitivamente la corda dal momento in cui tira in ballo senza troppa fantasia un’idea-sorpresa derivata dal terzo "Final destination", a sua volta già scopiazzata da "Il presagio" di Richard Donner.
Eppure, sembra di trovarsi dinanzi a uno di quegli horror nostrani appartenenti alla seconda metà degli Anni Ottanta che, tra uno "Streghe" di Alessandro Capone e un "Quella villa in fondo al parco" di Giuliano Carnimeo, venivano allora pesantemente criticati e oggi nostalgicamente ricordati, con tutti i loro pregi (pochi) e difetti (tanti). Probabilmente perché i listini cinematografici tricolori ne sono ormai da troppo tempo orfani.
La frase: "Io non sapevo nulla di queste montagne, voglio dire di demoni e tutto il resto".
Francesco Lomuscio
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