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Si vive una volta sola

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio14 febbraio 2020Voto: 4.5
 

  • Foto dal film Si vive una volta sola
  • Foto dal film Si vive una volta sola
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Come di consueto posto sia dietro che davanti alla macchina da presa, Carlo Verdone è un noto chirurgo il cui team è formato dalla strumentista Anna Foglietta, dall’anestesista Rocco Papaleo e dal suo assistente Max Tortora.
Quattro professionisti della sala operatoria ai quali si rivolge addirittura il Papa, ma che nella vita comune sono molto meno affidabili di ciò che si direbbe, considerata soprattutto la propensione ad escogitare scherzi più o meno feroci.
Scherzi messi in particolar modo in atto da Verdone, Tortora e la Foglietta ai danni di Papaleo; almeno fino al giorno in cui vengono a scoprire che la loro vittima non sa di avere poco tempo per continuare a vivere, a causa di un tumore in stato avanzato.
Una tragica notizia che li spinge a mantenere il segreto per regalargli un’ultima vacanza in Puglia nel corso della quale, tra l’altro, improvvisano anche una burla all’interno di una lussuosa villa sulla spiaggia, proponendo una chiara variante del finto progetto di demolizione del paese visto in nel monicelliano (o, meglio, germiano) “Amici miei”.

Del resto, considerando che, oltre al fido Pasquale Plastino, ad affiancare l’autore di “Un sacco bello” in fase di sceneggiatura sia il Giovanni Veronesi che già non poche volte ha avuto modo di esprimere la propria ammirazione per il classico della Commedia all’italiana interpretato da Ugo Tognazzi, Duilio Del Prete, Gastone Moschin e Adolfo Celi, non risulta certo difficile presumerne l’influenza.
Come pure nello scherzo telefonico durante il quale colui che ci regalò l’imbranato Mimmo e l’insopportabilmente pignolo e logorroico Furio tenta di sfoggiare sprazzi dei suoi storici personaggi degli sketch televisivi, senza riuscire, però, a replicarne la capacità di divertire lo spettatore.
Perché, se escludiamo la decisamente comica conversazione al telefono con un Sergio Muniz che fa da sexy compagno alla Foglietta, non si ride quasi mai nel corso della oltre ora e quaranta di visione che costituisce “Si vive una volta sola”.

E l’impressione che ci si trovi dinanzi ad un’operazione fallimentare la si prova fin dai primissimi minuti di visione, quando a non convincere è già la gag del sesso sulla lavatrice. Un’operazione piuttosto fiacca e noiosa che, appunto, pare tentare da un lato di accattivarsi il sempre più smaliziato pubblico ricorrendo ad accenni di erotismo di taglio pecoreccio testimoniati dal caldo amplesso a letto tra i citati Foglietta e Muniz al fondoschiena perennemente in vista della ex gieffina Mariana Falace, qui nei panni (pochi) di una figlia di Verdone in cerca di popolarità televisiva, dall’altro dalla totale mancanza di idee.
Sarebbe sufficiente citare l’incontro sul materasso con la coppia viziosa rappresentata dai bravi Gianni Franco ed Elisabetta Cavallotti, palesemente riciclata da una situazione analoga che gli stessi Papaleo e Veronesi sfruttarono ne “I laureati” di Leonardo Pieraccioni.
Per non parlare del prevedibilissimo epilogo (se non ci arrivate dopo neppure mezz’ora, significa che già state dormendo), a conclusione di un lungometraggio che sembra possedere più la cifra stilistica del toscano Giovanni (ma non quello dei riusciti “Manuale d’amore” e “L’ultima ruota del carro”) che del romano Carlo, alle prese con uno dei titoli peggiori della sua carriera, tra buon cast sprecato e perfino sciatterie registiche (basta notare lo specchietto laterale dell’automobile, rotto già nell’inquadratura che precede di poco una sequenza d’incidente).


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