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SilenceLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Pozzo10 gennaio 2017Voto: 8.0
Uno dei numerosi fattori che rendono Martin Scorsese uno fra i più grandi e affascinanti registi viventi, è il fatto che non rientra negli schemi. Che sia l'opera magna su un folle truffatore cocainomane che si crede Dio, una cruenta e concitata parabola gangster, una variopinta esplorazione degli albori del Cinema, un doloroso dramma ottocentesco o le visionarie origini del Dalai Lama, il linguaggio del nostro muta e sorprende costantemente, così come mutava, al tempo, il linguaggio di quello che è forse il più grande regista della Storia del Cinema: Stanley Kubrick.
E così, traendo spunto dall’omonimo romanzo di Shūsaku Endō, il Maestro di Little Italy ci consegna questa volta la fluviale e rilucente opera a lungo covata sul silenzio di Dio e sulla sofferenza dei suoi seguaci in terra, e lo fa con uno stile e un linguaggio che non potrebbero essere più distanti dallo Scorsese nevrotico e travolgente che conosciamo e tanto amiamo, uno sguardo che ricorda per austerità, rigore ed essenzialità il Cinema di Bresson ma anche, a tratti, la spoglia poetica di Satyajit Ray e di quel Rossellini che tanto ha influenzato e che tanto continua a influenzare il nostro, autore questa volta di un film potente e sorprendente che non offre risposte facili ma che pone anzi tanti complessi e fondamentali quesiti, e dal quale si esce scossi e addolorati, inerti e ancora una volta paralizzati dinnanzi all’oscuro mistero di quella Fede che traina molte delle nostre vite ma che rischia anche di allontanarci dalla retta via, affondandoci e facendoci compiere la scelta sbagliata per noi ma soprattutto per quel prossimo che la parola di Gesù Cristo ci insegna che dovremmo sempre rispettare e difendere, ma che troppo spesso viene fraintesa o trascurata per il nostro ego o per i nostri interessi se non, nel peggiore dei casi, in nome del sopruso e della violenza, basti ripercorrere i mille anni di sangue sparso in nome di Dio e Religione, dalle Crociate alla Notte di San Bartolomeo passando per gli abomini della Santa Inquisizione. Perché così come lo spaventoso e irreversibile confronto con il corpo di una persona che ha lasciato questa terra, l’incontro con Dio, volenti o nolenti, è un momento al quale prima o poi ci troveremo tutti a fare i conti, un mistero che non potremo mai risolvere e del quale non potremo mai raccontare i dettagli a nessuno, ma dinnanzi al quale è bene arrivare preparati. Lo stesso mistero, in definitiva, col quale si ritrovava a fare i conti in vita e soprattutto dinnanzi alla Morte anche l’angustiato e vulnerabile Cristo interpretato da Willem Dafoe in quello splendido, coraggioso e intelligentissimo film che era ‘L’Ultima Tentazione di Cristo’, primo tormentato incontro di Scorsese con il Messia e sorta di prologo spirituale di ciò che si troveranno a fronteggiare loro malgrado questi giovani padri e tutti quei martiri che capiranno forse troppo tardi che la natura e il credo di un popolo molto difficilmente si possono cambiare, e che in una palude, come si ripeterà più volte, poco importa quanto grandi siano gli sforzi e quanto incrollabili la Fede e la forza di volontà, nulla potrà mai attecchire. E che meraviglia ritrovare, in un film di performance mirabili e memorabili, un Liam Neeson così grande e ispirato, degno contraltare del padre gesuita e novello Cristo terreno sublimemente interpretato da Andrew Garfield, che dona l’acqua della vita ad un personaggio sfaccettato e contraddittorio fino al momento della fine nonché perfettamente coerente al nutrito gruppo di tragici (anti)eroi delineato negli anni dal poliedrico e sconfinato genio di Scorsese, artefice del più grande catalogo di sconfitti ed emarginati della società e del mondo, tutti diversi e al tempo stesso tutti affini, costantemente uniti nella sfida contro un destino superiore a loro e impossibile da eludere e sconfiggere. E poco importa di quei lievi problemi di ritmo e di tenuta riscontrabili specialmente nella parte centrale, le opere dei Maestri si prendono come sono, e si ringrazia umilmente. Perché Dio sarà anche silente, ma la Bellezza dell’opera scorsesiana non è mai stata così fulgida ed eloquente. La frase dal film:
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