Shadow
Durante la prima mezz’ora di visione abbiamo il giovane reduce dell’Iraq Dave (Jake Muxworthy) che, deciso a dimenticare gli orrori della guerra, si avventura con la mountain-bike tra i boschi europei, dove fa conoscenza con Angeline (Karina Testa), ma anche dove finisce inseguito dai due esaltati cacciatori locali Buck (Chris Coppola) e Fred (Ottaviano Blitch). E sono proprio i tre uomini a ritrovarsi poi nella tetra abitazione del sadico Mortis (Nuot Arquint), deciso a infliggergli dolorose torture in questa seconda regia del musicista Federico Zampaglione, del cui finanziamento si era in un primo momento interessato perfino Dario Argento.
Del resto, mentre l’esordio datato 2007 “Nero bifamiliare” era una black comedy che si rifaceva in maniera evidente a certe produzioni grottesche di stampo iberico (Alex de la Iglesia in particolare), ora è proprio l’autore di “Profondo rosso” a rientrare tra le dichiarate fonti d’ispirazione, come testimonia anche la foresta d’ambientazione che tanto ricorda alcuni momenti di “Phenomena”.
Ma i rimandi al Dario nazionale rappresentano soltanto la minima parte delle citazioni e degli omaggi con cui l’appassionato leader dei Tiromancino ha infarcito l’operazione, a tratti vicina a “Un tranquillo week-end di paura” di John Boorman e che non può fare a meno di richiamare alla memoria “Jeepers creepers-Il canto del diavolo” di Victor Salva nel mostrare il boogeyman di turno che, di spalle, ascolta grazie a un grammofono la vecchia “La strada nel bosco”.
Per non parlare dei tanti titoli che vengono in mente dopo aver assistito al finale a sorpresa, tutt’altro che originale ma abbastanza efficace, soprattutto se teniamo in considerazione l’evidente intento di lanciare una pesante critica nei confronti delle barbarie dovute ai conflitti bellici.
Perché, proprio come nel miglior cinema horror d’oltreoceano, Zampaglione sfrutta il genere senza dimenticare il retrogusto politico-sociale, opportunamente inserito tra la tensione e le dosate sequenze splatter.
E, supportato da un cast in ottima forma, lo fa sfoggiando una certa padronanza della macchina da presa; tanto da ricordarci non solo che la celluloide nostrana può tranquillamente essere rappresentata da vicende che non riguardino in maniera esclusiva drammi familiari e amori adolescenziali, ma anche che, proprio come accadeva fino alla fine degli anni Ottanta, in Italia è ancora possibile confezionare coinvolgenti prodotti di genere in grado di poter competere con elaborati provenienti dai paesi esteri.

La frase: "Non ho mai visto nessuno lottare così contro la morte".

Mirko Lomuscio

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