Se sei così, ti dico di sì
Giocando sulle rime delle canzonette, il titolo "Se sei così ti dico sì" esprime il conoscersi e stabilire una relazione superando le apparenze imposte dalla società dello spettacolo.
E fornendo l'opportunità per una delle migliori interpretazioni di Emilio Solfrizzi (tinto e agghindato con parrucchino, stivali, pantaloni e camicia neri ricoperti di bottoni madreperlati), da protagonista e caratterizzata da un malinconico umorismo, nel primo film italiano girato con fotocamere Canon D7 ad alta definizione, con spirito sociologico il co-sceneggiatore e regista Eugenio Cappuccio fa entrare in contatto due realtà.

C'è la dignità di un artista che aveva conosciuto il successo con una "hit" di facile consumo ma, dotato di aspirazioni d'autore, ha preferito poi lasciare la musica per fare il cameriere, privo di telefono cellulare e ancora fornito di musicassette nel suo paese di pescatori in Puglia, dove i giovani con la passione per la musica sanno già come funziona lo show-business ("se non sei raccomandato, se non conosci qualcuno, non vai da nessuna parte"). E c'è poi la fama costruita a tavolino, su modello aziendale, da una forte e fragile modella, con le fotografie lanciate ai fans sotto l'albergo (i quali, intorno al red carpet, ad ogni arrivo in automobile si chiedono: "chi sono questi?" "non lo so, io li fotografo tutti"), il gossip di scatti pruriginosi sulle riviste e filmati su YouTube, il "lato b" ritenuto "la dimostrazione dell'esistenza di un disegno superiore" e una filosofia per cui - nel terrore di ammalarsi, invecchiare e rimanere soli - la vita è un "morso", quindi l'"onda" va cavalcata, i rapporti di coppia sono "liquidi" e i soldi stanno al primo posto. Sopra tutto c'è comunque la televisione, che in un momento crea celebrità e poi le dimentica, mentre gli italiani all'estero ridono della pacchianeria del pop nostrano e il film ogni tanto offre divertenti istantanee, come quella in cui Iaia Forte vocalizza alcune strofe per dimostrare il suo passato da cantante neo-melodica.

La frase: "Mi chiamano Superman perchè mi sono sempre fatto i cazzi miei".

Federico Raponi

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