Senza nessuna pietà
Mimmo fa il muratore e vive a stretto contatto con un ambiente criminale capeggiato dallo zio e dal cugino. Costretto, a malincuore, a dar loro una mano nelle loro attività, incontra un giorno Tania, giovane ragazza chiamata ad ‘intrattenere’ il cugino, con la quale si ritroverà in un’avventura imprevista.
“Senza nessuna pietà” non è di certo un film perfetto; oltre ad avere tutte le sbavature e insicurezze dell’opera prima, prende gli stereotipi tipici del film di genere (noir o gangster movie che sia) e li ripropone senza alcuna rielaborazione personale: i boss e i loro sicari sono esattamente come te li aspetti, né più né meno, e la loro caratterizzazione è strettamente funzionale al dipanarsi della vicenda. Stesso dicasi per il codice morale della criminalità, che dovrebbe motivare le azioni dei vari malavitosi, qui ridotto ad un semplice pretesto narrativo e privato di ogni tridimensionalità.
Eppure il film di Alhaique ha un’innegabile vitalità, un cuore pulsante che, nonostante tutto, solleva il film dall’anonimato e lo distingue da buona parte dei prodotti a lui affini per stile e contenuto. Questa forza è riposta nello sguardo affettuoso che il regista ha sui personaggi e in quelle scelte che indirizzano il film verso l’intimo e il sentimento, verso il racconto di due spiriti solitari che s’incontrano, piuttosto che nell’affresco approssimativo della vita criminale.
Alhaique ha la fortuna di centrare in pieno la caratterizzazione del protagonista e la scelta dell’attore: il Mimmo di Pierfrancesco Favino è un personaggio a cui ci si affeziona per quel mix di malinconia ed efferatezza che lo contraddistingue. Il ‘physique’ dell’attore contribuisce a creare l’immagine di un gigante scorbutico e capace di improvvisi scoppi di violenza, ma con desideri e fragilità che arriviamo a percepire in maniera autentica. L’incontro con la giovane ragazza e il legame che gradualmente va’ ad instaurarsi tra i due è interessante per come s’inserisce all’interno della struttura del film e per come agisce sul carattere dei due personaggi: dopo uno snodo narrativo che condiziona in maniera determinante la loro esistenza, Alhaique sviluppa il rapporto tra Mimmo e Tanya come se fosse indipendente dalle circostanze contingenti e dal contesto. I drammi e le sofferenze che li rincorrono diventano marginali rispetto alla scoperta reciproca l’uno dell’altra, che ci viene mostrata in modo sommesso e delicato, con la giusta tempistica e una sorprendente sensibilità.
Così, allora, nonostante il sangue scorra e le lacrime anche, l’importante è quella scintilla che accende due corpi e due sguardi, unendoli, anche se per poco, in una lotta comune.
La frase:
"Le balene non muoiono poiché fuori dall’acqua, ma perché rimangono schiacciate dal loro peso".
a cura di Stefano La Rosa
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