Trama: In quella parte di Sardegna che si snoda tra la Trexenta, il Campidano e il Gennargentu corre un treno senza tempo, il cui passaggio è salutato da piccoli puntini gialli che agitano una paletta verde e rossa, le guarda-barriera. Un lavoro che si eredita in linea femminile da generazioni. Bloccano il traffico al passare del treno, poche centinaia di chilometri di rotaie secondarie che incrociano strade secondarie percorse da macchine, trattori, pecore e apecar. Ad ogni incrocio presidiato da una signora in giubbottino fluorescente il macchinista tira una corda e alza il braccio per salutare. Il treno supera con un fischio la guardabarriera e corre via nella polvere, scomparendo dietro una curva: uomini, macchine e animali sono finalmente liberi dalla catena che chiude l’accesso ai binari. Intorno il paesaggio alterna campi gialli e muretti a secco, pianure macchiate di cactus, foreste e strette gole di montagna. La custodia del passaggio a livello è totalizzante: implica cura, responsabilità e attenzione, diventa un’ossessione che abita persino i sogni. E’ un lavoro antico destinato alle donne, che vi si dedicano con ripetitività quasi rituale, durante tutto il giorno, tutti i giorni dell’anno. Il passaggio a livello con le sue catene riduce tutto a sé: l’ora della sveglia, del pranzo e della cena è imposta dal treno, le attese nelle garitte o in macchina sono scandite dai ritardi del treno, il ritmo della giornata è sincopato, incerto, spezzato, mentre l’alternarsi dei gesti sempre uguali è una certezza ineluttabile. Il film racconta queste donne, le guarda-barriera sui binari delle Ferrovie della Sardegna: la loro vita, il loro lavoro, il rapporto con il tempo e lo spazio della
Ferrovia. Sono donne che, come molte altre donne nel mondo, lottano per i loro diritti di
lavoratrici e per una migliore qualità della vita, mentre vivono immerse nell’attesa,
circondate da una natura immobile, dove ogni elemento del progresso rappresenta una minaccia.