Salt
La fine della Guerra Fredda è stato un bel problema per gli amanti del cinema di spionaggio. Il ruolo dei cattivi è difficile da assegnare quando si vogliono ambientare storie ai giorni nostri e non si possono sempre indicare i terroristi islamici come il capro espiatorio per qualsiasi malefatta.
Insomma, era meglio quando c’erano i russi e le parti in gioco erano chiare e definite. “Salt”, il nuovo film di Phillip Noyce, uno dei più bravi registi hollywoodiani (anche se lui è in realtà australiano) quando si tratta di realizzare buon cinema d’azione, pesca proprio da questa tradizione (dopotutto a lui si deve anche “Il Santo”). Ovvero da quel confronto tra stelle e strisce e falce e martello che per quarantaquattro anni e poco più ha caratterizzato tanto la geopolitica mondiale quanto quel tipo di cinema. Come lo fa? Immaginando narrativamente un programma russo partito già negli anni ’80 in cui venivano addestrate giovanissime spie fin dalla tenera infanzia allo scopo poi di inserirle nel territorio americano senza che nessuno potesse sospettare di loro.
Evelyn Salt è una di quelle giovani spie nate in Unione Sovietica e da allora segretamente fedeli alla Russia o, semplicemente, è ciò che appare, ovvero un bravo agente della CIA? Fa il doppio gioco o è stata incastrata da qualcuno che la vuole fuori dai piedi?
Partendo e protraendo fino all’epilogo questo mistero, “Salt” riesce a mischiare in maniera più che fluida tanto il thrilling quanto l’azione. Angelina Jolie ritorna convincentemente ad un ruolo “fisico” dopo le esperienze avute con Lara Croft e dà spessore e fascino ad un personaggio che varrà la pena riprendere in un possibile sequel. Il film è teso fin dall’inizio e non lascia mai la morsa. Impossibilitati a credere che la nostra empatia sia rivolta verso un personaggio che si presume inizialmente come negativo, i cento minuti di pellicola scorrono via velocemente con un continuo di scene avvincenti (la chiesa, la casa bianca, l’imbarcazione, l’inseguimento cittadino) che hanno il merito di apparire credibili all’interno di un contesto assolutamente inverosimile. Noyce segue sempre da vicino la sua protagonista, riuscendo a coglierne tanto il fascino, quanto l’imperscrutabilità e la determinazione (qualità che la Jolie sembra trasudare portarsi sempre dietro sia che si tratti di pellicola che di vita reale). Il risultato è un ottimo film che non deluderà nessuno e che dimostra come sia ancora possibile fare del buon cinema di intrattenimento senza grosse ambizioni concettuali o d’autore (non siamo quindi dalle parti di capolavori come “I figli degli uomini” o “The Green Zone”), ma comunque apprezzabile, godibile, da spenderci i soldi per un biglietto al cinema (si avverte il piacere di una visione sul grande schermo). La chiave per il futuro sarà forse quella di affidarsi ancora una volta ad una donna come protagonista? Può darsi, di certo se questo è un inizio, si tratta di un buon inizio.

La frase:
- "Il nome dell’agente è Evelyn Salt"
- "Il mio nome è Evelyn Salt"
- "Allora tu sei una spia russa"

Andrea D'Addio

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