Rio 2: Missione Amazzonia
Blu e Gioiel, pappagalli Macao Blu che vivono con i loro tre piccoli a Rio, scoprono che i padroni hanno trovato altri esemplari della loro specie in via di estinzione, in Amazzonia. Decidono allora di partire anche loro per aiutarli nella ricerca, in un viaggio alla riscoperta delle proprie origini. Troveranno una vera e propria riserva popolata da uccelli come loro, ma i pericoli sono dietro l'angolo...
Rio 2: Missione Amazzonia è più avvincente, dinamico e spassoso del primo capitolo (Rio, 2011), con una quantità elevata di carne al fuoco dichiarata sin dall'inizio, che però viene spesso lasciata dov'è e perde le sue potenzialità. In questo viaggio verso le origini, che comporta il passaggio da un mondo tecnologicamente avanzato ad un immacolato angolo di paradiso, il regista-sceneggiatore Carlos Saldanha ha voluto portare avanti forse troppe situazioni parallele, potenzialmente tutte interessanti, ma che proprio per il loro volume, ne escono con le ossa rotte. Oltre alla storia principale dei pappagalli, abbiamo quella degli uomini che vogliono disboscare la foresta e quella di Miguel, uccello cacatua che vuole prendersi la sua rivincita dopo le vicende del primo capitolo. Succede in sostanza che “chi troppo vuole nulla stringe”: le tre situazioni separate che si alternano e talvolta convergono, fanno perdere il nodo centrale, in favore di qualcosa che non viene mai approfondito e che perciò, pur se in apparenza meritevole, resta appeso superficialmente e fa quasi dimenticare della sua esistenza.
Lo stesso Miguel, forse uno dei personaggi meglio riusciti di Rio, avrebbe la stoffa per essere il cattivo per eccellenza, ma deve dividere il ruolo con gli umani. Si capisce l'esigenza di dover inserire una componente umana anche nell'antagonismo, ma il rischio è quello di generare un elevato numero di personaggi, ciascuno mai sviluppato a dovere. Ed è proprio quello che accade.
Rio 2 offre forse una visione un filo nostalgica del passato, ponendo l'accento sull'assuefazione tecnologica attuale. Pensiamo a Blu, che porta in Amazzonia un gps per orientarsi. Ecco, tutto l'incontro-scontro con l'Amazzonia è giocato sul fatto che il pappagallo protagonista sia in realtà un animale domestico e abbia appreso nel corso del tempo usi e costumi degli umani (beve caffè, mangia pancakes, utilizza coltellini svizzeri, ecc...). L'impatto con la foresta amazzonica è dunque quanto di più lontano possa esistere per lui.
Per un attimo sembra perciò che Saldanha voglia dirci che l'origine e il passato siano migliori in senso assoluto del presente, ma alla fine ci confessa che la verità sta nel mezzo e serve un po' dell'uno e un po' dell'altro e che non tutte le tecnologie (e gli uomini) vengono per nuocere.
Per un'ora e mezza d’intrattenimento, che a tratti fa ridere, Rio 2 può funzionare. Ma se lo si inserisce in un discorso più generale e lo si confronta con molti pari-genere degli ultimi anni, ne esce sul filo della sufficienza, attestandosi un paio di gradini sotto anche alla stessa saga dell'Era Glaciale, firmata dal medesimo regista.
La frase:
Gioiel: "Non siamo esseri umani, siamo uccelli...dobbiamo andare nella foresta e comportarci da uccelli!".
a cura di Matteo Colibazzi
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