Quell'estate felice
Una genesi di diversi anni, per "Quell’estate felice". Nel ’93 doveva essere un prodotto televisivo RAI, ma di fronte alle resitenze di Beppe Cino - che scrive e dirige - sulla sceneggiatura il progetto saltò. Questa versione, per il grande schermo, è pronta dal 2007 e ha girato diversi festival con il titolo di "Maria Venera" ottenendo riconoscimenti per la regìa e l’interpretazione di Olivia Magnani.
Liberamente tratta dal romanzo "Argo il cieco" di Gesualdo Bufalino (del quale Cino aveva già tradotto "Diceria dell’untore" nell’omonimo film), la pellicola apporta notevoli modifiche al testo, quali un maggiore spessore dei personaggi e soprattutto della protagonista. La quale diventa una giovane donna autodeterminata di un piccola cittadina della Sicilia anni ’50 fatta - in campo d’amore - di bordelli, relazioni segrete, infatuazioni ignorate o non corrisposte, lettere anonime, domestiche compiacenti, fughe riparatrici, onore maschile di capofamiglia da difendere, matrimoni d’interesse. Proprio nella rappresentazione della venticinquenne Maria Venera sta il pregio principale dell’opera: nonostante esca di casa sempre "scortata", vive la passione per un poco di buono con debiti di gioco, tanto da rimanerne ferita. Ma siccome vorrebbe accanto "l’uomo padrone o servitore" (in ciò ancora vincolata a cultura dominante e inesperienza personale), impara presto a servirsi degli spasimanti per liberare la propria condizione, abortisce, fa una scenata pubblica contro il cugino-amante che sta per sposarsi con un’altra, in ultimo se ne va all’estero. Ed è l’addio che l’autore rivolge ad un periodo storico da lui considerato "l'ultimo bastione del nostro passato" pervaso anche da classismo, con il signorotto come punto di riferimento centrale della comunità o il maestrino che scrive discorsi elettorali per il candidato politico. Però la resa è da fiction TV, e gli attori (numerosi provenienti dal Teatro Stabile di Catania) sono un po’ costretti nelle maschere tipiche.
La frase: "Le lettere anonime fioriscono nella terra dei ciechi".
Federico Raponi
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