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P.O.E. Project of Evil











Nel 2011 fu la volta di “P.O.E.-Poetry of eerie”, costituito da tredici brevi episodi (otto nella versione cinematografica italiana) atti a costituire quello che, concepito da quindici cineasti indipendenti nostrani, voleva a tutti gli effetti essere un vero e proprio atto d’amore nei confronti della poetica di Edgar Allan Poe, maestro della letteratura dell’orrore che non poche volte ha rappresentato una fonte d’ispirazione per la Settima arte, a cominciare dal re dei b-movie Roger Corman (regista de “La tomba di Ligeia” e “La maschera della morte rossa”, per intenderci).
Un anno dopo, buona parte dello stesso team che aveva preso parte all’operazione torna sull’argomento tramite un secondo capitolo che, con l’aggiunta di alcuni nuovi nomi, punta maggiormente, però, al lato horror degli scritti sfornati a suo tempo dal genio di Boston.
Quindi, degli aggiunti abbiamo Donatello Della Pepa alle prese con una rilettura dal sapore futuristico de “Il pozzo e il pendolo”, Nathan Nicholovitch impegnato a raccontare senza dialoghi – e con un barbone per protagonista – una difficilmente comprensibile versione de “Il cuore rivelatore” ambientata in India, e Alberto Viavattene che, sfruttando come interpreti la Desirée Giorgetti di “Morituris” (2011) e la pornostar Federica Tommasi, trasforma “I delitti della Rue Morgue” in un miscuglio (quasi) trash di splatter alla Lucio Fulci e accenni hardcore, con tanto di scimmione stupratore (un evidente costume).
Ma la tematica delle luci rosse viene ripresa anche da Edo Tagliavini attraverso “Perdita di fiato”, interessante esperimento che, girato quasi del tutto come un film muto e non privo di esplicite evirazioni, vede Francesco Malcom nel ruolo praticamente autobiografico di un attore porno rimasto senza fiato durante una performance sessuale sul set.
Per il resto, invece, abbiamo “Solo” di Angelo e Giuseppe Capasso, che sembra strizzare l’occhio a “Le iene” (1991) di Quentin Tarantino nel porre in scena un individuo legato a una sedia e torturato nello scantinato della sua fabbrica, “Il sistema del dr. Catrame e del prof. Piuma” di Domiziano Cristopharo, ambientato in una clinica psichiatrica nella Elbasani del 1977 e con Dario Biancone nei panni dello stesso Poe, e “La sepoltura prematura” di Giuliano Giacomelli. Un segmento, quest’ultimo, che, caratterizzato da un epilogo guardante in maniera evidente a “... e tu vivrai nel terrore! L’aldilà” (1981) del succitato Fulci, complice la bella colonna sonora a firma di Anrico Sangellini, risulta il più riuscito dei sette insieme a quello di Della Pepa, incentrato su un soggetto videocontrollato all’interno di un tanto ampio quanto claustrofobico spazio completamente bianco. Con la risultante di oltre un’ora e mezza di visione che, pur rischiando di apparire disomogenea, come già avvenuto nel capostipite, a causa dei sette differenti punti di vista, si rivela, rispetto a esso, decisamente più compatta e maggiormente funzionante dal punto di vista dell’intrattenimento.
Del resto, nonostante i difetti, si è aggiudicata il premio per il miglior lungometraggio italiano presso l’edizione 2013 del Fantafestival.

La frase:
- "L’ho vista in sogno"
- "Ero proprio io?"
- "Sì, ma il suo volto era marcio".

a cura di Francesco Lomuscio

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