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P.O.E. Pieces of Eldritch











Ricordando, in un certo senso, il Criswell che narrò il trashissimo “Plan 9 from outer space” (1959) di Edward D. Wood Jr, il veterano Venantino Venantini, dall’interno di uno studio televisivo, introduce sei brevi trasposizioni dalle opere del genio di Boston Edgar Allan Poe firmate da altrettanti cineasti indipendenti italiani.
Perché, con un “Morella” orchestrato dal Ricky Caruso autore di “Naftalina” (2011) tra appuntamenti presi via internet ed incontri BDSM, quello che prende il via altro non è che il terzo progetto collettivo tricolore volto a fornire personali rivisitazioni su schermo a budget zero dei racconti di colui che firmò “La maschera della morte rossa” e “Il gatto nero”, dopo “P.O.E.-Poetry of eerie” (2011) e “P.O.E.-Project of evil” (2012).
Oltretutto, proprio tra i montatori di quest’ultimo fu l’Alessandro Redaelli che dirige il secondo episodio, “Re Peste”, non privo d’ironia e volto a giocare con il metateatro.
Ma, intriso di eccessi che sembrano quasi rimandare a “Schramm” (1993) di Jörg Buttgereit, in quanto interamente incentrato sull’agonia di un pedofilo inchiodato vivo al muro, il momento migliore dell’insieme è rappresentato da “Il barile di Amontillado” di Domiziano Cristopharo, unico nome, insieme ad Edo Tagliavini, ad essere presente anche all’interno dei due lungometraggi precedenti. L’Edo Tagliavini impegnato a dirigere la figlia Lumi in “Ombra”, non disprezzabile vicenda che, riguardante una ragazzina emarginata in grado di avere come amica e compagna di giochi, appunto, soltanto la propria ombra, giunge dopo il tutt’altro che convincente intrigo giallo thriller “Sei tu il colpevole” di Francesco Campanini, la cui filmografia dietro la camera di ripresa include “Il solitario” (2008) e “La casa nel vento dei morti” (2012).
Mentre, caratterizzato da una sorpresa finale ed impreziosito dalla presenza di Frank LaLoggia – regista di “Scarlatti-Il thriller” (1988) – in qualità di attore nel raccontare di uno stunt che pubblica video estremi sul web, “Non scommettere la testa con il diavolo” di Mirko Virgili si rivela la piacevole conclusione di un elaborato disomogeneo come i due predecessori, ma, forse, più fiacco e non superiore ad essi per quanto riguarda la riuscita.
Sebbene, preso a se ed evitando di effettuare confronti con gli altri “P.O.E.”, non manchi di apparire senza infamia e senza lode.

La frase:
"Sarai qualcuno nella vita solo se superi i tuoi limiti".

a cura di Francesco Lomuscio

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