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Plan B
Sulla carta Plan B sembra un film davvero interessante, una specie di intrigo sentimentale alla Laclos: Bruno viene lasciato dalla fidanzata, che intanto inizia una nuova relazione con Pablo. Allora Bruno, meditando vendetta, cerca di insinuarsi nella vita del rivale, sperando di logorare questo nuovo rapporto, arrivando persino a cercare di sedurre il giovane in prima persona. Cosa succede però quando un'idea originale è accompagnata da una totale assenza di arguzia e di creatività dal punto di vista dell'immagine? Ora che sappiamo la risposta possiamo dire che si realizza un film come Plan B. A un certo punto viene anche il dubbio che il vero Piano B sia stato quello di rendere un cortometraggio una pellicola vera e propria da mandare in giro per Festival, vero biglietto da visita per nuovi finanziamenti. I dialoghi, quando presenti, sono una fiera di nonsense, di discorsi vuoti e di menate completamente prive di ironia e interesse.
Le scene sono girate unicamente in interni, inframmezzati da paesaggi di squallore urbano (come nella serie di culto "Intralci" di Maccio Capatonda). A prevalere su tutto sono una serie di inquadrature in cui vengono soprattutto esaltate le qualità pubiche dei due protagonisti maschili, ripresi per lo più in slip, nell'atto di cambiarsi, sotto la doccia... Quando il regista non si abbandona a queste prospettive inguinali preferisce lasciare lo spettatore da solo con lo sguardo vacuo dei due uomini, un vuoto in cui si riflette costantemente la disperazione dello spettatore. Di fronte a questa performance così estenuante viene costantemente da chiedersi "ma io cosa sto facendo qui?". Ovviamente dallo schermo nessuna risposta: encefalogramma piatto.
Di tanto in tanto vengono proposti degli altri personaggi, ma anche questi - guarda caso - prima o poi finiscono per cadere addormentati di schianto, circostanza che chiunque vede questo film implora con speranza, senza purtroppo essere accontentato. Anche il finale con l'inatteso (è davvero inatteso, non è un'ironia) colpo di scena viene buttato un po' a caso e viene lasciato cadere senza troppe conseguenze. Viene il dubbio che anche un'improvvisa invasione aliena sarebbe stata accolta con la stessa indifferenza, dopo un viaggio così lungo nei territori deserti del vuoto registico e concettuale più assoluto.
La frase: "Il nome del gioco era 'Rasti', non era 'Rastri'!".
Mauro Corso
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