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Per amor vostroLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Riccardo Favaro11 settembre 2015
A Napoli una sola donna avverte in sé più di un'esistenza.
E' un'ottima Valeria Golino la protagonista della pellicola firmata da Beppe Gaudino, ultimo film italiano (in concorso) presentato a Venezia 2015.
Anna viene assunta in uno studio in cui si lavora alle riprese di una sorta di serie-tv (sembra più che altro una soap di profilo abbastanza basso) e porta a casa soldi che il marito, un malavitoso dedito all'usura e incline a violenze domestiche, proprio non riesce a guadagnare in modo pulito. Nel frattempo sul set la donna conosce Michele (Adriano Giannini), un attore relativamente famoso e piacione che inizia a corteggiarla (neanche troppo velatamente) fino a sedurla quasi completamente. E intanto i tre figli di Anna (due ragazze e un ragazzo sordomuto) crescono e, quasi perennemente in conflitto con il padre, devono fronteggiare una realtà dura e limitante. La storia che Gaudino decide di raccontare è in realtà uno spaccato di quotidianità in cui viene cercata con cura la violenza e con altrettanta meticolosità la poesia, regalando allo spettatore una lettura dell'esistenza di questa coraggiosa donna (che si troverà costretta a compiere scelte che la obbligheranno ad assumersi le omertose responsabilità che ha sempre rigettato) che è quasi caleidoscopica nella sua grande varietà. Ma ecco il problema: i colori. Perché il regista campano decide, abbastanza gratuitamente, di spezzare in più punti il perenne bianco e nero della pellicola, evidenziando quelle sequenze o quegli elementi precisi dell'inquadratura che rimandano a sogni, ricordi, paure o portali d'evasione della protagonista. Il fatto è che, sia in termini tecnici di effetti e filtri sia per la concezione concettuale ed estetica, le parti a colori sono davvero orride. E più si tenta il colpo a sorpresa più si affonda nel ridicolo. Allo stesso modo la canzoncina che dai titoli di testa accompagna e commenta a più riprese il film, un coretto brechtiano scimmiottato in salsa neomelodica, spinge a pensare che Gaudino l'abbia (parzialmente) fatta fuori dal vaso. Il “parzialmente” vuole sottolineare come in realtà la parte più significativa di “Per amor vostro”, quella in bianco e nero per capirci, sia invece davvero efficace nella sua rispettosa delicatezza. Buona parte del merito va attribuita alla Golino che “cala l'asso” tornando alle sue radici partenopee, ma bisogna comunque riconoscere che in diversi momenti il film decolla deliziosamente, strizzando l'occhio ai grandi maestri del cinema italiano del dopoguerra e trovando una cifra stilistica di notevole immediatezza. “Per amor vostro” parla di una donna coraggiosa (come ha dichiarato la stessa attrice protagonista) e al tempo stesso molto fragile, una madre che emana auree quasi sacrali ma che spesso si ritrova a terra con lo spirito e con il corpo, costretta a rialzare sempre la testa e talvolta a trovare compromessi. In fondo c'è spazio anche per puntare i riflettori sull'educazione, sulla trasmissione di valori all'interno dei nuclei familiari, sulle vere risorse di quartieri o zone del nostro paese in grande difficoltà. Ma il grande rammarico è lo sgradevole trasformismo visivo di un film che di certo potrà riscuotere successo anche all'uscita nelle sale ma che non riesce a spingersi troppo in alto per via di gravosi vezzi da evitare come la peste. Molto bene però l'onirismo lasciamolo ad altri. La frase dal film:
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