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PassengersLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato21 dicembre 2016Voto: 7.0
Siamo tutti grandi sognatori: c’è chi vorrebbe essere miliardario, chi vorrebbe trovare la donna della propria vita e chi, invece, preferisce imbarcarsi in una nuova avventura all’insegna dell’emozione e della scoperta di qualcosa di diverso.
Questo è quanto succede in “Passengers”, il nuovo film di Morten Tyldum (“The Imitation Game”) che vede protagonisti Jennifer Lawrence e Chris Pratt. Durante un viaggio spaziale verso una nuova casa, il passeggero Jim Preston - a causa di un grave guasto nella ‘nave’ - viene svegliato 90 anni prima del previsto. Ritrovatosi solo in un’astronave piena di umani ancora addormentati, Jim cerca di trovare il lato positivo del problema. Un anno dopo però si ritrova per caso davanti al corpo di Aurora (è palese il riferimento a La bella addormentata nel bosco della Disney) e nel tempo se ne innamora. Nonostante sappia di non aver alcun diritto di svegliarla, anche perché mancando 90 anni all’arrivo non vivrebbero abbastanza da poter vedere il nuovo pianeta, Jim cade nella rete della solitudine. I due si ritrovano con la prospettiva di passare il resto della loro vita a bordo, pur con tutti i comfort possibili, e si innamorano l’uno dell’altra. Quando scoprono che l'astronave sta subendo seri danni, si rendono conto di essere gli unici a poter salvare le vite dei 5000 passeggeri a bordo. Ambientato nello spazio, il film ruota attorno a due personaggi ben caratterizzati, di cui vengono mostrati pregi, difetti, limiti e debolezze. Attorniata da una colonna sonora molto simile a quella di “Interstellar” e adatta ad un progetto di genere fantascientifico, la pellicola nel complesso non è risultata del tutto convincente. Nonostante una partenza ottima, dovuta ad un progressivo innalzamento dei toni usati e un aumento dell’imprevedibilità - uno degli elementi su cui si erge “Passengers” - nell’ultima mezz’ora di proiezione qualcosa cambia: lo spettatore si troverà di fronte a eventi surreali. Si tratta di situazioni e scelte registiche che - sebbene stiamo parlando di fantascienza - sono incomprensibili agli occhi di chi guarda. Una domanda sorge spontanea: perché sottoporsi al ridicolo con strategie che non hanno né capo né coda? Il problema non sta nel fatto di inserire scene che si discostano dalla realtà perché è una caratteristica propria del genere, ma nella volontà di esagerare: se da una parte il film crea una buona dose di suspance e un forte coinvolgimento a livello emotivo, dall’altra perde di interesse nel momento in cui si sofferma troppo su elementi che non sono particolarmente importanti ai fini del racconto. A colpire è stata la grande capacità di queste scene di far ridere il pubblico, portandolo a domandarsi se in fondo lo stratagemma adottato non fosse semplicemente un modo per intrattenere lo spettatore in modi diversi ma pur sempre travolgenti. Da notare è anche il modo in cui è stato realizzato il progetto: all’inizio non accade quasi nulla di particolare perché il regista ha voluto concentrarsi sul personaggio di Pratt e la sua condizione di unico sveglio tra i passeggeri (una scelta che a noi è piaciuta molto). Il problema è che tutto avviene nell’ultima mezz’ora, rendendo la pellicola ancora più surreale di quanto già non sia e richiedendo al pubblico una maggiore attenzione. Così facendo, anche la sceneggiatura perde di qualità, mentre da apprezzare è senza dubbio la fotografia. Nella pellicola emerge la dimensione ironica della vicenda, affidata a Michael Sheen nelle vesti di un robot che lavora come barman nell’astronave. Un ruolo importante, inoltre, è ricoperto dalla tecnologia: è evidente che si assisterà a un cambiamento radicale in termini di innovazione, anche se alla fine dei giochi pure le nuove tecnologie e i sistemi definiti dai responsabili indistruttibili presenteranno dei problemi... e che problemi! Una menzione speciale è d’obbligo per gli effetti speciali che lasciano molto spazio all’immaginazione e hanno un ruolo rilevante nel film, anche più del rapporto tra i due protagonisti della storia (è giusto dire che comunque ha un ruolo centrale nel film), soprattutto quando la forza di gravità tende a mancare. Jennifer Lawrence, che ha più volte dato grande prova di sé, è riuscita a comunicare tutte le sue emozioni - dalla rabbia alla felicità fino ad arrivare alla paura - attraverso una mimica facciale molto espressiva, gli sguardi ben studiati e la forza delle parole adottate. Non è stato da meno Chris Pratt, che ha lasciato intendere molto chiaramente lo stato d’animo del suo personaggio. Quanto può essere dura pensare di dover vivere da soli per tutta la propria vita? La solitudine è un problema serio e spesso può portare a cambiamenti comportamentali e compromettere la propria salute. Ecco quindi che si sente l’esigenza di trovare qualcuno con cui parlare, con cui vivere appieno i giorni e le emozioni, con il rischio di diventare egoisti e distruggere il sogno di qualcun altro. Altro tema è quello dell’importanza di basare un rapporto sulla sincerità e la fiducia reciproca, altrimenti la relazione non avrebbe senso di esistere. Quanto può far male scoprire una verità che va oltre il tuo amore per una persona? Aurora, una giornalista, aveva un sogno: vivere un anno in questo nuovo pianeta per poi tornare sulla Terra e scrivere la sua storia. E lui ha distrutto la sua vita, o almeno è quello che lei pensa. Ma la felicità può essere altro, bisogna solo trovare il lato positivo di ogni situazione. La frase dal film:
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