Partiamo da una costatazione indispensabile: 8 e mezzo è un’opera strutturalista. Come per 2001: Odissea nello Spazio, ci troviamo di fronte ad un (magistrale) esempio di metacinema. Nel caso di 8 e mezzo tale considerazione risulta addirittura imprescindibile; del resto, è un’intenzione che il film rende esplicita in partenza. Tuttavia una differenza lo rende, per certi versi, incompatibile, o comunque specularmente opposto al capolavoro kubrickiano. Se questo, infatti, è il frutto di una geniale ed irripetibile opera di sottrazione, 8 e mezzo procede per accumulazione. Laddove in 2001 dominano il silenzio, l’assenza di azione, la fissità dello sguardo, nel film di Fellini il movimento è praticamente ininterrotto, l’azione cambia di continuo ambientazione e personaggi, i dialoghi coprono gli spazi vuoti, si coprono a vicenda, sono lunghi, ipertrofici, ridondanti. È sempre così in Fellini, ma in questo caso si tratta di un vero e proprio manifesto, della dichiarazione di una precisa concezione artistica. Fellini aggiunge ed aggiunge: il suo timore è quello di “tralasciare”, di “trascurare”. Ma la sua è un ambizione destinata al fallimento, alla frustrazione. Ed 8 e mezzo non parla che di questo: del dramma della creazione, degli impedimenti insormontabili che separano l’artista dalla sua arte. Il disagio di Fellini parte da una riflessione: qualunque opera, per quanto complessa, non può che privilegiare una, o al massimo poche tra le infinite possibilità che si aprono, dinanzi all’occhio ammirato e annichilito dell’artista, come un ventaglio di cui non si vedono gli estremi. La crisi creativa di Guido non è mancanza di ispirazione, quanto sovrabbondanza di spunti, e dunque profonda sfiducia nelle capacità dell’arte
La forma che Fellini sceglie per esprimere questo concetto è straordinariamente affascinante, e nel contempo l’unica profondamente coerente con l’urgenza e la tipologia dell’idea da comunicare: il film sul film, o meglio, un film che parla di se stesso, che manifesta le proprie istanze, la propria impalcatura filosofica a mano a mano che procede.
8 e mezzo dà l’idea di muoversi, di convivere in tre strati differenti e paralleli, l’uno dipendente dall’altro, l’uno parto dell’altro: c’è innanzitutto la realtà di noi spettatori, che è quella di Fellini regista; c’è poi quella del film, quella di Guido personaggio; infine c’è quella del film nel film, cioè quella del film che Guido sta preparando. La seconda è una trasfigurazione della prima, la terza una trasfigurazione della seconda: ognuna di queste realtà ulteriori, cioè, rappresenta il trasferimento di una realtà preesistente nel territorio dell’Arte. Ma in 8 e mezzo queste tre realtà sembrano coincidere, si possono identificare: la seconda è una trasposizione cinematografica della prima, in quanto si tratta di un film autobiografico; la terza coincide con la seconda perché ne è il riflesso.
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