Ho profonda stima,e sempre ce l’avrò,nei confronti di Daniele Ciprì e Franco Maresco.Tutti i loro sketch di “Cinico tv”(che,purtroppo, Rai 3 non trasmette quasi più)mi hanno sempre divertito tantissimo,anche quelli più,e troppo,volgari.Ma devo dire in tutta onestà che mette in una condizione “imbarazzante” il dover opinionare “Lo zio di Brooklyn”,il loro film d’esordio registico.Innanzitutto perché non si tratta di un vero e proprio film:può apparire,più che altro,un’aggregazione di sketch slegati,marcatamente disgustosi,nei quali il presunto messaggio metaforico(se ce né uno) non traspare nemmeno minimamente.Ciò che ho rilevato positivamente,invece,è la descrizione di un certo clima di mafia che aleggia fortemente sull’isola(i boss,lo zio venuto da Brooklyn,l’omertà),e,in secondo luogo,lo scorrere ininterrotto di immagini periferiche ricche di uno squallore indescrivibile(è giusto mostrare con tragicomica crudezza la realtà di degrado e abbandono delle città del profondo Sud per far,tra una risata e l’altra,seriamente riflettere).Ciò che non manca sono proprio alcune scene di puro ribrezzo:una mostruosità umana che si leva un occhio;un anziano che si strozza col pollo e lo vomita a non finire;peti sonorosissimi;l’accoppiamento fra un uomo e un’asina…insomma,ce né per tutti i gusti.I due autori siciliani sostengono di far tutto questo per sviluppare il tema narrativo del “cinema del brutto”.Posso anche essere d’accordo,cari Ciprì e Maresco,ma manca lo stile:non c’è regia cinematografica;la trama è inconsistente;troppe scene orride che sopprimono un eventuale nobile messaggio da voler comunicare allo spettatore;nessuno spunto serio di ironica critica sociale o civile del nostro Paese. Pasolini è lontanissimo,almeno per questo “film”:lui sapeva conferire grande ricchezza culturale ai suoi lavori, e sapeva cosa significava dover cinematograficamente costruire una pellicola.”Cinico tv”va bene per il piccolo schermo:ma,per la sala, ci vuole ben altro che una copia eccessivamente ed inutilmente disgustosa di esso. Ad ogni modo,tecnicamente,mi sento sinceramente spinto a far salvi,del film,la fotografia(un bianco e nero unico) e le naturali scenografie urbanistiche(degrado infinito!).Comunque,tra gli “attori”, vanno simpaticamente segnalati Giuseppe Paviglianiti(lo scorreggione grassone che mangia con i cani,e il ciclista Francesco Tirone,morto qualche tempo fa).Penso,quindi,che “Lo zio di Brooklyn”abbia costituito un ‘occasione fin troppo sprecata.Si poteva davvero tirar fuori un lavoro di intelligente ironia.Invece è un maldestro e disgustoso tentativo di “denunciare” con tragica “comicità” la buia realtà,non solo umana,della Sicilia.Si ridacchia,con senso di forte schifo.La pernacchia che chiude il film ha un chè di veritiero.Se i critici lo accodano al cinema pecoreccio, gli si può dar torto?.Con tutta la buona volontà,no.Ciprì e Maresco hanno delle buone capacità,senza dubbio.Ma bisogna migliorare parecchio per non ricommettere simili passi falsi.