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I diari della motocicletta

Opinioni presenti: 171
Media Voto: Media Voto: 8 (8/10)

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molto gfrancescano

(7/10) Voto 7di 10

Nel film di Walter Salles (quello di Central do Brasil) il valore psicologico del distacco dalla quotidianità, il taglio del cordone ombelicale con la famiglia, l'esplorazione della propria coscienza riguarda nientemeno che Ernesto Che Guevara e il suo fraterno amico Alberto Granado, oggi splendido ottantaduenne. L'opera, con la supervisione artistica di Gianni Minà, che dei Diari di Guevara possiede i diritti, è liberamente ispirata ad essi. Ma la realizzazione di Salles, interpretata da un argentino (Gael Garcia Bernal) e un messicano (Rodrigo De La Serna), prodotto da un americano (Redford) e fortemente voluta da un italiano (Minà) è anche diretta testimonianza di come il personaggio abbia ammiratori in ogni parte del mondo. A parte ciò, il film mi è parso utile e necessario per due motivi: 1, integrare con una dose di umanità e generosità giovanile, nella mente di chi ha la mia età, diciamo tra i cinquanta e i sessanta, l'immagine statica e ideologica del Che guerrigliero; 2, inverare con qualcosa di più l'icona da maglietta e gadget, per il resto poco nota, che del Che hanno i giovanissimi d'oggi. E' un giovane di ventitrè anni quello che il film presenta insieme all'amico ventinovenne, entrambi colti in una situazione psicologica prepolitica, entrambi aperti e sensibili: con più slanci, una punta di pensosità e coerenza etica e un pizzico di spirito francescano (vedasi soggiorno nell'isola dei lebbrosi) Ernesto Guevara; più superficiale, spaccone, simpatico l'altro. In entrambi sonnecchia però il bisogno di scelte di vita che il viaggio di otto mesi attraverso gran parte dell'America latina fa precipitare.



Olga, 50 anni, Perugia (PG).




un grande film

(10/10) Voto 10di 10

Un film veramente grande sotto tutti gli aspetti, mi aspetto altre opere da qs regista che si è dimostrato magistrale nel saper cogliere l'essenza del libro del Che al quale si è ispirato. Quello che infatti il Che ancora giovane e inesperto lascia nel cuore di chi legge è la sua caratterstica fondamentale e cioè il suo grande senso umanitario. Infatti più che il personaggio politico sia nel film che nel libro emerge il lato umano di questo giovane uomo bello intelligente e caparbio e così profondamente umano. I due interpreti sono molto bravi e mi piace tantissimo Garcia Barnal nel ruolo del giovane Ernesto che gli sta a pennello. Un grande film.



Teresa, 49 anni, Rubano (PD).




Toccante

(10/10) Voto 10di 10

Bastano poche parole per questo film merita veramente la pena di esser visto!



Franco, 49 anni, Lonato (BS).




Fa schifo

(1/10) Voto 1di 10

È una palla micidiale.... comunque affermare che il che sia il più grande uomo mai vissuto è la più grande c*** che abbia mai sentito!



Ale, 45 anni, Bologna.




La nascita del "Che"

(8/10) Voto 8di 10

Ma quant'e' grande l'America, quanti spazi incontaminati, paesaggi solitari ed improvvisati villaggi che affiancano le grandi metropoli, prima fra tutte Buenos Aires. E' da questa citta' che muove il racconto di un viaggio diventato poi storico, ma che tale non sapeva di essere e non doveva essere. E' il viaggio di Alberto Granado ed Ernesto Guevara nell'America Latina datata 1952, a bordo di una scassatissima moto Norton, pomposamente ed affettuosamente denominata la Poderosa. I due giovani, Alberto piu' anziano e gia' laureato in biochimica, Ernesto ancora studente ormai prossimo alla laurea in medicina, intraprendono il viaggio in maniera inconsapevole, solo armati di uno spirito d'avventura e goliardico, ma, strada facendo, sara' il viaggio di una vita. La didascalia iniziale segna km zero, poi, di scena in scena, aumentano i km percorsi come la maturita' e la consapevolezza dei due protagonisti, non piu' disposti, alla fine del loro viaggio, a chiudere gli occhi sulle miserie, le disuguaglianze, le contraddizioni di un continente immenso. In particolare, sara' il giovane Ernesto il piu' segnato dall'esperienza e pronto ad assumere il ruolo che gli spettera' nella storia, quello del comandante Guevara, un'icona per la gioventu' di tutte le latitudini. Fortemente voluto dal nostro Gianni Mina' e finanziato dal capitale yankee di Robert Redford, il film e' abbastanza oleografico nella prima parte con la descrizione peraltro assai suggestiva dei paesaggi andini, acquista spessore sociale nel secondo tempo man mano che i nostri si addentrano nelle tristi realta' dei paesi attraversati. Ben delineati i caratteri dei due protagonisti, piu' godereccio e simpaticamente guascone Alberto, serio e tremendamente onesto il futuro Che, totalmente incapace di mentire anche a costo di essere brutale. Tipico film on the road quindi, ma non solo un viaggio reale, anche un viaggio metaforico alle radici di se stessi, alle origini di un mito. Da vedere, per saperne un po' di piu' su un personaggio troppo spesso ridotto solo a "santino" buono per tutte le rivoluzioni.



Marina, 44 anni, Benevento.





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