Si percepiscono "energie" che difficilmente si riesce a tramutare in parole. Consiglio di vederlo più volte, ci sono un'infinità di messaggi in ogni istante; una vita concisa.
La lettura dell'ottimo romanzo di Kazuo Ishiguro è come pioggia sottile in un pomeriggio opaco: triste, intenso, denso di emozioni celate dietro un'apparente compostezza, impeccabile e forte como un colpo di pugnale. Il film è esattamente la stessa cosa. E non sarebbe venuto fuori un capolavoro del genere senza la presenza di un interprete d'eccezione quale Hopkins e un'attrice meravigliosa come la Thompson, senza parlare di Reeve, Grant e Fox che sono allo stesso modo fantastici. Il rimpianto in primo luogo, poi il dolore, l'amore, la fedeltà, trattati in modo sublime e composto, con raffinata impeccabilità, per un film che meriterebbe di essere molto più noto e apprezzato di quanto non sia in realtà. Straordinario, inimitabile, resterà per sempre fantastico e irraggiungibile. Valorizzato da una fotografia luminosissima e da una colonna sonora che riprende brani classici e li fonde abilmente in un concerto strumentale superbo. Insomma, imperdibile.
Uno di quei pochi film che riescono ad allietarti e a coninvolgerti con una calda atmosfera inglese ricca di perfezione del dettaglio e di cordialità infinita. Hopkins è davvero un mito, mi ha commosso la sua bravura, nn c'è stato un ruolo nei suoi film che nn si stato impeccabile! Il romanticismo non ci viene sbattuto in faccia come in molti film commerciali che si vedono ora, anzi non ci viene neanche detto esplicitamente i veri sentimenti di Mr. Stevenson. Un film anche molto interessante per gli aspetti storico-politici che tocca. Insomma senza dilungarci ulteriormente, come è stato scritto nel primo commento da Mariano da Roma: PERFETTO!
James Ivory un nome una garanzia. Antony Hopkins un nome una granzia. Emma Thompson un nome una garanzia. "Quel che resta del giorno" un film che tutti dovrebbero vedere.
"Storia di un breve incontro fissato vent'anni dopo, 'Quel che resta del giorno' è un film sulla solitudine che nasce dall'insensibilità, sulla repressione dei sentimenti e sulla mortificazione della vita. James Ivory è un regista che sa andare oltre l'eleganza delle forme e il virtuosismo stilistico. Esaurita la scorta dei romanzi di Edward M. Forster ('Camera con vista', 'Casa Howard'), ha saputo interpretare le pagine di Kazuo Ishiguro restituendone lo spirito sottile forbito, delicatamente ma implacabilmente graffiante." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 23 marzo 1994)
"In 'Quel che resta del giorno' il regista americano più britannico che ci sia non assume certamente il punto di vista marxiano de 'Il servo' di Joseph Losey, purtuttavia è in grado di erigere un non trascurabile (e apparentemente impercettibile) edificio di perversioni emotive, di trasgressioni della percezione e di maniacalità del décor che costituiscono l'anima opaca (e segreta) del suo cinema. L'imperturbabilità gigionesca di Anthony Hopkins aderisce alla superficie delle immagini come una pellicola impermeabile rendendo il film - se possibile ancora più britannico. Meno onorevoli alcuni personaggi (e situazioni) di contorno: la delegazione nazitedesca, ad esempio, è costruita su clichè commerciali francamente disonorevoli." (Fabio Bo, 'Vivilcinema')
"In bilico tra illustre passato e incerto presente 'Quel che resta del giorno' racconta sostanzialmente una tragedia dell'inespresso: quest'uomo mangiato vivo dal proprio 'Super Io' è un monumento all'ipocrisia inconsapevole, un disgraziato che mitizza il suo ruolo al fianco di un padrone filotedesco e molto cretino per immolarsi sull'altare di un malinteso concetto di dignità. Impeccabile cerimonioso maniacale ma anche incapace di esprimere qualsivoglia sentimento al punto di trascurare l'occasione sentimentale della sua vita. Inutile dire che Anthony Hopkins candidato all'Oscar insieme a Emma Thompson regala al personaggio un'altra delle sue mostruose performance intessute di finezze microgestuali. Affascinato dal mondo tardo-vittoriano, misfatti compresi, Ivory si conferma il più ispirato illustratore di una upper class pomposa e formalista che forse non è mai morta. Ma come si diceva da Berlino la vita vera dell'Inghilterra palpita altrove: nei film di Loach e Leigh in quel cinema duro e umanissimo che non si specchia in una tazza di tè."