Una commedia atipica, che racconta in maniera molto divertente una storia di altri tempi. E Avati lo fa scegliendo un attore che attore non è, ma in fondo in fondo ci sta bene nella parte. Mi sono piaciuti tutti i personaggi, ognuno di loro protagonista e con voce in capitolo.
un film che scorre con una velocità senza pari, pur ostentando una ricercata sceneggiatura il tutto si perde per la pessima scelta del protagonista che tutto può fare meno che l'attore.la strenua ricerca dell'antifemminismo fascista ha portato alla banalità del ruolo che gli hanno dato.film da non vedere.
Io, da emiliano romagnola doc, i film di Pupi Avati li assaporo e me li gusto dall'inizio alla fine. Molti si somigliano è vero, ma quelle atmosfere giocose e malinconiche insieme, quei personaggi pittoreschi che sanno di ruspante genuinità non mi stancano mai. Ovviamente qualche pecca c'è a partire da Cremonini, che tutto può fare fuorchè l'attore ma insomma, chi apprezza i film di Avati, non può non trovare piacevole pure questo.
Il cuore grande delle ragazze
Rita Carlini al Festival del Cinema di Roma
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La presentazione dell’ultima fatica di un regista è un evento di per sé magnetizzante. C’è attesa, interesse, curiosità. Per il film certamente, ma anche per tutto ciò che, intorno, pare assecondarne le fragorose orbite. Se poi il cineasta è amato come è amato Pupi Avati, allora già si sa che col suo cinema, oltre alla lirica magia di una delicata narrazione, si respira anche un’aria di famiglia. Le maschere del suo teatro, i suoi tipi drammatici, non escono mai di scena, anche quando restano appesi ad un gancio dietro le quinte. Perché il demiurgo-burattinaio Avati, di volta in volta adatta sempre i fili della sua arte, articolandoli al bisogno con la rinnovata sapienza di chi, col cinema, vanta un sodalizio di lungo corso. Lo immaginiamo bene - questo Faust del cinema artigianale, questo mago emiliano - a mescolare le memorie e i tarocchi di celluloide delle sue trasognate figure recitanti;per dar vita a storie lievi, dense di ricordi, come quella rurale raccontata ne Il cuore grande delle ragazze. Gli attori di Avati sono plasmati per dare corpo ad un immaginario provinciale italiano senza tempo; caratteri quasi universali, come le maschere della Commedia dell’Arte. Nelle lanterne magiche allestite da Avati, c’è sempre almeno un nome, una maschera, che garantisce una continuità tematica con la poetica “avatiana” stessa. Tra questi personaggi di certo non passa inosservata l’attrice Rita Carlini, che nell’ultimo film del regista, Il cuore grande delle ragazze, si fa carico insieme a Gianni Cavina e Alessandro Haber dell’onore della continuità poetica, prendendo il testimone di tanti suoi colleghi questa volta a riposo. Un’attrice quasi feticcio che con Avati, suo mentore, ha stabilito un rapporto artistico che si può dire ininterrotto. Un volto poetico, cangiante; con quell’allure surreale che non esita a far di lei un ritratto modiglianesco à la Lolotte o Jeanne Hébuterne: una donna dai mille volti; ora comica, ora buffa; piccola e grande; abile a modellare le emozioni nelle tante espressioni stilizzate degne delle mannequins déco di una volta. Vengono in mente proprio quelle che si vedevano nella grafica e nella cartellonistica pubblicitaria degli anni ’20 e ’30. Chi non ricorda l’aria stralunata della sartina Emanuela ne Il cuore altrove, oppure il personaggio di Lia ne Il papà di Giovanna? Ebbene, Rita Carlini c’è anche questa volta, nella parte di Maria Osti, una delle sorelle di Micaela Ramazzotti. E in attesa di vederla tra breve in azione sul grande schermo, di questi mille volti che ogni volta ci offre, proviamo a catturarne almeno uno. L’occasione si presenterà presto, il primo novembre, al Festival del Cinema di Roma, quando Rita Carlini sfilerà sul red carpet della Sala Santa Cecilia - Auditorium Pa