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Non c'è più religioneLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato06 dicembre 2016Voto: 7.0
Si parla tanto di integrazione e di accoglienza verso religioni diverse. Ma cosa succede quando il presepe vivente di un piccolo centro deve scegliere un bimbo non cattolico per il ruolo di Gesù Bambino? Tanti imprevisti e situazioni divertenti, come scopriamo in “Non c’è più religione” di Luca Miniero - con Claudio Bisio e Alessandro Gassmann tra i tanti -, una commedia esilarante sull'Italia di oggi, multietnica, senza figli e che si arrangia come può, con un lama al posto del bue e tre amici in lotta fra loro al posto dei re Magi. Un presepe vivente così non si vedeva da 2000 anni nella piccola isola di Porto Buio.
Il progetto racconta le controversie fra tre diverse comunità religiose che abitano su una piccola isola del Mediterraneo: una cattolica, una musulmana e una buddhista. Questi conflitti nascono poiché la comunità cattolica non riesce a trovare un bambino che possa interpretare il ruolo di Gesù per il presepe vivente di Natale. La causa? Il crollo delle nascite in Italia. Per questo motivo gli italiani provano a chiedere aiuto al popolo arabo, ottenendo risultati a dir poco divertenti e imprevisti che lasceranno il segno. La nuova commedia di Luca Miniero, regista di “Benvenuti al sud” e “Un boss in salotto”, è pervasa da un senso di leggerezza e freschezza che solo pochi film sanno tramettere. Il merito, in primis, è da attribuire al ritmo incalzante della narrazione e ai tempi di battuta (questo è un aspetto importante quando si parla di una commedia: ogni attore deve mantenere il passo con quanto accade, altrimenti il film perde di umorismo). Fanno la loro parte anche la comicità delle battute e delle situazioni che si presentano e la colonna sonora: non è solo italiana, ma unisce la musica tipica delle diverse culture che interagiscono fra loro nel progetto (arabe, ebraiche). È evidente anche l’intento del regista di ironizzare su alcuni cliché ed elementi che caratterizzano e allo stesso tempo possono dividere le etnie: la paura degli italiani nei confronti degli ‘stranieri’ per esempio (in una scena un uomo arabo lancia una borsa al sindaco (Bisio) e si vede qualcuno che scappa, o che si nasconde per terrore che possa essere una bomba). A colpire, inoltre, è l’inserimento di alcune citazioni a canzoni e opere letterarie della storia italiana, aspetto che già di per sé è interessante e viene sviluppato con estrema delicatezza, al puro scopo di intrattenere il pubblico. Luca Miniero è sincero nel mostrare le differenze tra le culture presenti e le difficoltà che possono verificarsi nel momento in cui esse sono obbligate per necessità (d’altronde è una commedia) a una convivenza non proprio equa, in cui ognuno ha le sue usanze e tradizioni. Il Corano e la Bibbia vengono messi a confronto, così come viene messo in risalto il loro modo di vestire e di pensare, insieme a una differente visione di come dovrebbe essere il presepe umano. Ma non solo: è come se il regista volesse dimostrare attraverso il film che una convivenza pacifica tra le etnie è possibile, il problema sta nel trovare il giusto compromesso. D’altra parte è anche giusto che tutte mantengano le proprie tradizioni, senza rinunciare alla propria identità. Parlando degli attori, a emergere sono Bisio (il Primo cittadino del paese, un uomo egoista che tende a scappare di fronte alle difficoltà), Gassmann (il capo famiglia arabo che ha un conto in sospeso con il Sindaco e per questo lo farà pentire di avergli chiesto un favore) e Angela Finocchiaro (una suora del paese che ha un trascorso con gli altri due personaggi principali), senza nulla togliere agli altri interpreti della pellicola che sono stati all’altezza delle loro parti. I tre attori, che più volte hanno ricoperto ruoli comici in commedie, sono perfettamente in parte e - grazie alla forza comica dell’interpretazione - sono stati in grado di trasmettere al pubblico la grande intesa che si è creata tra loro. Altro tema rilevante è quello dell’accettazione e del pregiudizio della gente del paese nei confronti degli altri popoli e, di conseguenza, il problema del razzismo che ne deriva e che spesso caratterizza i piccoli e grandi paesi dell’Italia. La frase dal film:
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