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Non aprite quella porta 3D











Nonostante la visione tridimensionale, le immagini che aprono i circa novanta minuti di visione sono quelle del "Non aprite quella porta" diretto nel 1974 da Tobe Hooper, incentrato sulla tragica giornata trascorsa nello scenario rurale texano da cinque ragazzi, quattro dei quali finiti vittime della folle famiglia di cannibali comprendente il gigantesco Leatherface, armato di motosega e dal volto nascosto sotto una maschera in pelle umana.
Già, perché, sebbene, prima del remake datato 2003 e del suo prequel realizzato tre anni dopo, avessero fatto la loro apparizione tre sequel – soltanto il primo diretto da Hooper – di quell’indiscutibile capolavoro dell’horror ispirato alla figura del contadino necrofilo Ed Gein, questo nuovo tassello leatherfaciano a firma di John Luessenhop – autore dei thriller "Lockdown" e "Takers" – si propone proprio come sua diretta continuazione.
Non a caso, una volta oltrepassati i nostalgici flashback, prima assistiamo all’eliminazione della sadica combriccola attuata dall’infuriata popolazione locale, che ne incendia l’abitazione, poi, dopo i titoli di testa, ci si sposta al presente; con la giovane Heather alias Alexandra Daddario che, facente inconsapevolmente parte della defunta famiglia perché portata in salvo quando, all’epoca dell’atto di giustizia, era ancora in fasce, eredita una villa vittoriana nel Texas, dove si reca insieme a tre amici e a un autostoppista raccolto strada facendo.
Villa al cui interno, ovviamente, ad attenderli si trova un Leatherface smanioso di tornare all’opera che, incarnato da Dan Yeager, oltre a riaccendere l’amata sega elettrica sfrutta, come di consueto, martelli e ganci per la carne al fine di uccidere le proprie prede umane.
Quindi, nulla di particolarmente nuovo per quanto riguarda la fantasia nell’inscenare gli omicidi, comprendenti anche l’immancabile corpo segato a metà, con tanto di schizzi di liquido rosso scaraventati verso il pubblico fornito di appositi occhialini.
Quel poco che, insieme alla lama della temibile arma da taglio simbolo della saga, viene offerto con effetto rilievo da un 3D piuttosto deludente... al servizio di un’operazione capace sicuramente di regalare discrete dosi di intrattenimento a chi non disprezza il cinema slasher e di sfoderare un’interessante, nuova lettura del concetto di famiglia nell’ambito del franchise e del genere, ma anche di spingere a pensare che avrebbe meritato una maggiore attenzione in fase di script.
Perché è vero che, fin dall’apertura, non viene fornita alcuna data, ma, proponendosi quale proseguimento del film di Hooper, ambientato nell’estate del 1973, come è possibile che la protagonista, ai giorni nostri, presenti l’aspetto di una ventenne?

La frase:
"Famiglia significa casini, ma niente è forte come il sangue".

a cura di Francesco Lomuscio

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