Il mio vicino Totoro
Il successo avuto in sala nell’estate del 2007 da "Lupin III. Il ritorno di Cagliostro", film del 1979 di Hayao Miyazaki, ha lasciato intendere che certi film, anche se datati, non perdono mai di attrazione. La firma del Walt Disney giapponese è garanzia di un buon botteghino, ed è probabilmente da questa considerazione che la casa distributrice Lucky red ha deciso di acquistare i diritti italiani di molti film dello Studio Ghibli. Si tratta di pellicole che in molti casi non sono state neanche mai riversate in dvd o vhs, storie conosciute in tutto il mondo che gli appassionati italiani hanno potuto vedere solo in lingua originale con sottotitoli realizzati da community virtuali. E’ all’interno di questa cornice che si inserisce l’arrivo in sala di "Il mio vicino Totoro", realizzato nel 1988 e da molti ritenuto come uno dei migliori lavori di Miyazaki (lo stesso Studio Ghibli ha come simbolo Totoro).
Anni ’50. Due bambine cambiano di casa assieme al padre per stare più vicine alla madre ricoverata da tempo in un ospedale della zona.
Nel bosco attiguo all’abitazione la più piccola delle due, Mei (che esteticamente assomiglia tanto alla Ponyo dell’eponimo, più recente, film di Myazaki) incontra una strana creatura, il Totoro del titolo.
Questa sorta di grande coniglio con i denti da roditore diventa per le due sorelle compagno di avventure e, soprattutto, un grande aiuto quando la situazione sembra volgere al peggio.
L’universo di Miyazaki è un grande zoo composto da creature magnifiche e fantastiche, una sorta di libro disegnato dalle forme e colori fuori dall’immaginario. Totoro rappresenta sia il simbolico re del bosco che quel Dio pronto ad aiutare le due bambine nel momento del bisogno. Mondo animale e umano coincidono quando l’occhio è puro come quello di un fanciullo. Sono tanti i riferimenti, più o meno espliciti, all’iconografia e alla cultura nipponica, come sempre accade per Miyazaki. Anche qui il cineasta non può fare a meno di quel dolce e continuo ottimismo che caratterizza ogni sua pellicola. Manca una e vera e propria frattura narrativa, un episodio o un personaggio in grado di cambiare lo status quo degli eventi. Per buona parte del film non si capisce bene in quale direzione stia andando il racconto: Miyazaki è più concentrato sulla costruzione del suo mondo e sulla rappresentazione del rapporto tra essere umano e natura che sulla storia in senso stretto. Totoro diventa così un film composto da tanti piccoli gioielli visivi, forse più poesia che racconto.

La frase: "Questo non è un bell’albero? Certo, è qui da tanto, tanto tempo. All’epoca gli alberi e gli uomini erano amici. La casa mi piace moltissimo proprio per la presenza di quest’albero. Penso che piacerà anche alla mamma, non credete? Allora salutiamolo e torniamo a casa.".

Andrea D’Addio

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