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La ragazza del mio migliore amico
Chissà se un giorno si parlerà delle commedie di Kate Hudson dell’ultima decade come tuttora si fa con quelle interpretate da Doris Day tra gli anni ’50 e ’60 e cioè come una serie di film fatti su misura per il pubblico, scontati nel loro sviluppo narrativo, ma comunque gradevoli e scacciapensieri, emblemi di un modo di fare cinema misurato, ma comunque hollywoodiano. Non che il livello sia sempre lo stesso, ci sono pellicole più e meno riuscite, ma sotto un certo livello di intrattenimento non si scende mai. In questa virtuale classifica "My best friend’s girl" risulta sostanzialmente a metà. Più divertente, pieno di battute e articolato (ma non complicato) nel canovaccio, ma allo stesso tempo piuttosto volgare, maschilista e soprattutto incapace di tenere fino alla fine quel filo di cattiveria anticonvenzionale.
L’inizio è di quelli che ben promettono: il conto alla rovescia delle cose da non fare ad un primo appuntamento ricorda uno sketch di Gip del tv show "Le Iene", ma sul momento coglie di sorpresa. Soprattutto non ci si aspetta che il protagonista della storia non sia né la celebre Kate Hudson né il noto Jason Biggs, ma il personaggio "cattivo", quello interpretato dal mezzo sconosciuto (in Italia) Dane Cook: faccia da "bastardodentro", grande sex appeal e voglia di andare fuori dai canoni. Ci vuole un po’ per capire come si muoveranno le fila del racconto, e questa è la parte migliore del film e si tirano fuori parecchi stereotipi sul "come si tratta una donna", ma quantomeno, presi per quel che valgono, strappano il sorriso. Dalle battute sul sesso, alla necessità delle donne di trovasi un bravo ragazzo (e che quindi, davanti al confronto di un vero bad boy, rivalutano i comunque affidabili fidanzati passati): tutto lascia trasparire una sceneggiatura che, seppur non troppo palesemente, strizza l’occhio ad un certo tipo di pubblico maschile, quello che si è recato in sala per far piacere alla ragazza (a vedere l’ennesima commedia romantica con Kate Hudson), ma che spera sempre di trovare più battutacce che romanticismo. Questo "gioco" dura abbastanza (così come l’intero film, più di 100 minuti, parecchio per il genere) e si dilegua purtroppo (ma ce lo si aspetta) nel finale, quando scrupoli di coscienza e immancabile happy end chiudono cavallerescamente il tutto. Succede così che "My best friend’s girl" rischi di non accontentare fino in fondo nessuno, né chi vuole vedere l’ennesima variazione di "American Pie", né chi ha voglia della solita storia d’amore che trionfa nonostante tutto, e così la bravura del protagonista, alcune ottime scenette comiche e alcune interessanti scelte di regia (come l’ingresso nel locale alla Tony Manero) rischiano di finire nel dimenticatoio dei film che in pochi ricordano.
La frase: "E’ il tuo cellulare? Vuoi rispondere al tuo cellulare? O in questo momento sei più interessata a me? Rispondi a quel cellulare! Ah, no, scusa, è il mio cellulare".
Andrea D'Addio
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