Mi chiamo Sam
Le piccole grandi convinzioni di chi vede molto cinema sono le più disparate tra queste quella secondo la quale i grandi attori, prima o poi, si devono cimentare in un ruolo difficile come quello del "down" per avere il plauso della critica e che so... ambire ad un oscar. L'ha fatto De Niro ("Risvegli"), l'ha fatto Hoffman ("Rain Man") ed a così voluto farlo anche Penn. Non che questa sia una critica, anche perché la sua interpretazione è da incorniciare per intensità e bravura, è una semplice constatazione.

Sam Dawson (Sean Penn / "La Sottile Linea Rossa") è un uomo con una figlia: Lucy (Dakota Fanning). La madre li ha abbandonati subito dopo la sua nascita ed ora Sam deve crescerla da solo. Sarebbe un'impresa difficile per chiunque, ma lo è ancora di più per Sam che ha il Q.I. di un bambino di 6 anni. Nonostante tutto, e grazie all'amore che nutre per la sua piccola, oltre all'aiuto della sua vicina Annie (Dianne Wiest / "Pallottole su Brodway"), riesce nell'impresa. Una vita felice fatta di cose semplici, ma vere.
Dietro l'angolo, però, c'è la realtà della legge: un uomo come Sam non può crescere una bambina perché non è in grado di offrirgli il supporto di ciò che ha bisogno e quindi la bambina sarà data in affidamento ad una famiglia "normale". Sam non è disposto a rinunciare alla figlia per nulla al mondo, la sua Lucy ed anche i suoi amici, molto particolari, sono pronti a supportarlo, quello che ora gli serve è un avvocato, un buon avvocato, magari quello che ha il miglior annuncio sull'elenco telefonico: Rita Harrison (Micelle Pfeiffer / "Storia di Noi Due"). Rita però non può certo aiutare uno come Sam, che vive con lo stipendio di garzone di caffetteria, lei che guadagna cifre a cinque zeri, ma a volte, magari per una semplice scommessa può accadere l'incredibile.

La pellicola, diretta da Jessie Nelson, risulta essenzialmente un pò lunga e con poco ritmo. L'intento principale è chiaramente quello di toccare, pesantemente, le corde emotive dello spettatore, scatenando pianti a più non posso. La figura di Sam sembra creata appositamente allo scopo con la sua difficoltà di comunicare ed i mille problemi a cui va incontro. Al di la dell'aspetto lacrimevole del tutto, vengono comunque affrontati argomenti importanti: l'esplorazione dei legami familiari e dei sentimenti che uniscono padri, madri e figli (molto cara alla sceneggiatrici già autrici di "Nemiche Amiche"), come anche l'opportunità che un giudice divida due persone non in base all'amore che le lega, ma alle presunte capacità di crescere un figlio ed infine l'incomunicabilità di alcuni genitori per la mancanza di tempo (e di pazienza) da dedicare ai loro figli. Molta carne al fuoco che alla fine crea tanto fumo, che si sa fa lacrimare, e poco arrosto.
In ogni caso il film meriterebbe una visione se non altro per la prova degli attori; oltre a Penn c'è la stupefacente Dakota Fanning nel ruolo di Lucy ed il gruppo di amici "speciali" di Sam sorprendenti nella loro semplicità. Michelle Pfeiffer dipinge una perfetto avvocato in carriera con tutte le sue nevrosi ed i suoi tic, ma allo stesso tempo riesce poi, durante l'arco della storia, a restituirci una donna diversa più consapevole dei valori della vita tanto che alla fine ci viene da chiederci chi abbia guadagnato di più dal rapporto cliente avvocato lei o Sam.
Regia semplice, a tratti banale, ma una grande colonna sonora dei Beatles.

La frase: "Gli scarafaggi vivono da soli o in gruppo e se in gruppo cosa fanno?"
"Fanno i Beatles"

Curiosità: nel film in cui i Beatles sono il filo conduttore o quasi la coscienza di Sam, vengono nominati tutti tranne Ringo Starr. Probabilmente ancora molti pensano che non fosse nulla di più di una ruota di scorta.

La Chicca: il nome "Sam" per il protagonista è stato preso dal libro "Pomodori Verdi al Prosciutto del Dottor Suess" che Sean Penn legge continuamente alla figlia per farla addormentare.

Indicazioni:
Per chi ha voglia di versare fiumi di lacrime.

Valerio Salvi

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