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Mission Impossible 3
Il terzo episodio della fortunatissima serie cinematografica di Mission Impossible porta la fortissima impronta di J.J. Abrams, autore, tra gli altri, di serie televisive rivoluzionarie come Lost ed Alias. In effetti il tocco del regista di Alias è percepibile fin dai primi momenti del film, caratterizzati da una sottile costruzione della tensione e da un montaggio serrato, teso a portare immediatamente la suspence ad un alto livello. Il flashforward iniziale ha la funzione di far partire quella corsa contro il tempo così caratteristica del franchise di Mission Impossible. Inoltre dà allo spettatore la possibilità di conoscere il villain del film, Owen Davian, interpretato da uno straordinario Philip Seymour Hoffman che incarna l'essenza del male puro nella sua freddezza e meccanicità priva di emozioni.
Eroe indiscusso del film è naturalmente Ethan Hunt (Tom Cruise) che dopo aver lasciato ogni ruolo operativo si occupa esclusivamente dell'addestramento dei potenziali agenti per l'organizzazione governativa per cui lavora. Ha una casa, una fidanzata (Michelle Monaghan) che sta per sposare e si sta avviando verso un futuro meno frenetico nonostante la doppia vita. La sparizione di una sua recluta (Keri Russell) lo porterà nuovamente ad entrare in azione. Il tocco più caratteristico di Abrams consiste nel mostrare gli aspetti umani degli agenti segreti, fattore che aveva decretato il successo delle prime stagioni di Alias. Ma nonostante il film si basi molto sulla presenza di Tom Cruise, Abrams cerca di dare una struttura più corale alla narrazione, dando risalto ad un cast di tutto rispetto che oltre agli attori già citati può vantare attori come Jonathan Rhys Meyers (apprezzato, tra gli altri, per Velvet Goldmine e per il recente Match Point) e Laurence Fishburne, la cui presenza scenica è immediatamente riconoscibile sullo schermo (viene subito in mente il Morpheus di Matrix). Ma grande importanza hanno le location in cui si svolge l'azione, sospesa tra Washington DC, Berlino, Roma e Shanghai. A quanto pare era stata chiesta l'autorizzazione, poi negata, per effettuare delle riprese nel parlamento tedesco, il Reichstag, mentre per gli interni del Vaticano viene usata in realtà la reggia di Caserta. L'atmosfera caotica di Roma è costruita in maniera tutto sommato credibile, anche se Tom Cruise e Rhys Meyers si lasciano andare ad un dialogo in romanesco improbabile ma gustoso. Ad un cambio frenetico degli scenari geografici fa da contrappunto lo sviluppo di una trama tesa a spiazzare lo spettatore, costruendo nuclei di certezze e di aspettative destinate a crollare inesorabilmente poco dopo.
Tenendo a mente che si tratta di un prodotto seriale e di intrattenimento puro, si può dire senza rimpianti che Abrams ha ottenuto un risultato più che discreto, realizzando forse il più bel capitolo di una saga che da questo momento può davvero andare in ogni direzione. Da notare anche in questo film la preoccupazione politica, il timore cioè che nei servizi segreti americani possano esserci esponenti deviati pronti a difendere con ogni mezzo gli interessi economici statunitensi, anche a scapito di vite innocenti.
La frase: "Lo sapevo che ce l'avrebbe fatta!".
Mauro Corso
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