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Made in ItalyLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato22 gennaio 2018Voto: 6.0
“Made in Italy” racconta l’Italia di Luciano Ligabue, avvalendosi non solo della regia del celebre cantante italiano ma anche delle sue canzoni. È una tormentata dichiarazione di amore verso il nostro Paese, che ci viene mostrata attraverso lo sguardo di Riko (Stefano Accorsi). Quest’ultimo è un uomo onesto alle prese con una vita in cui tutto sembra essere diventato improvvisamente precario: il lavoro, il futuro, i sentimenti. Ma se a volte rialzarsi non è facile, Riko ha scelto di non darla vinta al tempo che corre: c'è un matrimonio da difendere e riconquistare, ci sono amici su cui contare e una casa da non vendere. Riko decide di mettersi in gioco e prendere finalmente in mano il suo destino, ma non tutto andrà per il verso giusto. Nel cast, insieme a Stefano Accorsi, vediamo tra i tanti Kasia Smutniak, Fausto Maria Sciarappa, Walter Leonardi e Filippo Dimi.
“Made in Italy” è un film che vuole mostrare la vita di un uomo qualunque, Riko, personaggio che Ligabue ha definito come un suo “alter ego”. Il regista di “Radiofreccia” (1998) e “Da zero a dieci” (2002) ha messo in luce un’Italia stanca, un’Italia dove è facile perdere il controllo della propria vita e il senso della propria esistenza. Il problema non è tanto la varietà dei temi affrontati - dai tradimenti ai problemi di gioco d’azzardo, dalla perdita del lavoro (non poteva mancare una critica in merito) alla depressione -, quanto il modo in cui vengono messi in luce. Ché poi non si può certo parlare di profondità, perché spesso Ligabue affronta le tematiche con molta superficialità: o si passa da una situazione all’altra in maniera troppo veloce, come se il regista avesse paura di annoiare il suo pubblico dando maggiore spessore ad alcune scene rispetto ad altre, oppure soffermandosi più di quanto ci si aspetterebbe su alcuni eventi. Insomma non c’è equilibro: né per quanto riguarda il ritmo narrativo, né riguardo lo stile di regia, che di errori ne conta davvero molti. Un altro difetto è senza dubbio la netta scissione tra la prima parte di “Made in Italy”, che comprende battute ironiche e pungenti e sembra lasciare qualche speranza per il futuro all’Italia, e la seconda parte. Un’ora più drammatica, dove tutto sembra andato perso per Riko, dove la speranza svanisce per lasciare spazio alla depressione, allo sconforto, alla sensazione che non esista più un motivo per continuare a vivere. Eppure il film di Luciano Ligabue non è banale fino all’estremo, ma anzi - attraverso una sceneggiatura ben curata, anche se talvolta sopra le righe - riesce a rendere bene l’idea di un’Italia insoddisfatta. Sì, ma pur sempre attaccata alla sua terra, da Roma a Vigevano, per toccare poi la Romagna e i suoi meravigliosi territori. È qui che il regista fa centro, mostrando il Bel Paese anche attraverso l’immensa bellezza delle città che lo compongono. E chissà, magari ci sarà una speranza anche per Riko e i suoi amici, magari - come dice Haley Joel Osment (Trevor McKinney) in “Un sogno per domani” - “il mondo non è tutto quanto merda”. Tra sorprese ed eventi drammatici, il film di Ligabue lascia emergere un senso di impotenza di fronte all’imprevedibilità della vita, che spesso ci riserva molto più di quanto potessimo aspettarci. Buona la prova d’attore di Stefano Accorsi - aveva già lavorato con il regista per “Radiofreccia” -, anche se talvolta manca di quella forza espressiva che avrebbe contribuito a rendere “Made in Italy” una pellicola imperdibile. Ma non lo è. Non è imperdibile. E anche l’interpretazione di Kasia Smutniak non è delle migliori. Mentre in altre occasioni l’attrice si era rivelata una bellissima sorpresa. Insomma, se amate Ligabue e le sue canzoni, ma anche le critiche sociali all’Italia e i suoi affascinanti luoghi, allora potrete trovare qualcosa di buono in “Made in Italy. Ma non aspettatevi un capolavoro, perché è evidente che, oltre ad essere spesso retorico, il film non ha pretese, così come non le ha avute Luciano Ligabue durante le riprese. La frase dal film:
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