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Lo Hobbit - La battaglia delle Cinque Armate











All’insegna dell’alta spettacolarità, quello che, inizialmente annunciato con il titolo “Lo hobbit-Andata e ritorno”, rappresenta il terzo e ultimo tassello del prequel in più parti alla trilogia “Il signore degli Anelli”, apre con l’infuriato drago Smaug impegnato a planare sulla fatiscente città di Pontelagolungo per scatenare la sua ira nei confronti degli abitanti e sputare fuoco sulle abitazioni.
Ira dovuta al fatto che, come appreso al culmine del precedente “Lo hobbit-La desolazione di Smaug” (2013), i Nani di Erebor hanno preteso la restituzione delle vaste ricchezze della loro madrepatria; mentre, ceduto alla malattia-del-drago, Thorin Scudodoquercia, ancora con le fattezze di Richard Armitage, sacrifica qui amicizia ed onore nella ricerca della leggendaria Arkengemma.
Ed è l’epico scontro tra quest’ultimo e Azog il Profanatore alias Manu Bennett sulla rigida superficie di un lago ghiacciato a rappresentare uno dei momenti più riusciti delle oltre due ore e venti di visione che, ovviamente tratte, come sempre, dalle pagine di J.R.R. Tolkien, vedono Bilbo Baggins, ovvero Martin Freeman, incapace di aiutare l’uomo a trovare la ragione e, di conseguenza, costretto ad una disperata quanto pericolosa scelta.
Man mano che, tra gli altri, fanno il loro ritorno Luke Evans nei panni di Bard l’arciere ed Orlando Bloom in quelli di Legolas; il quale, come di consueto posto al centro di imprese acrobatiche, si cimenta anche in una feroce lotta su una torre pericolante con Bolg, incarnato da Lawrence Makoare.
Eppure, mentre c’è il tempo anche di ritrovare Cate Blanchett e Christopher Lee rispettivamente nei ruoli di Galadriel e Saruman e Ian McKellen, ovviamente, torna a concedere in maniera magistrale anima e corpo a Gandalf il Grigio, nonostante l’abbondanza di movimento e un 3D piuttosto efficace sono rare le situazioni in cui si riesce ad essere realmente coinvolti.
Un discorso che, di sicuro, non è valido né per i profani del genere, ai cui occhi tutto appare come novità, né per gli irriducibili fan tolkieniani, ansiosi di assistere alla conclusione su celluloide delle loro avventure preferite, immersa tra Elfi, Orchi, Umani e già citati Nani che devono decidere se rimanere uniti o essere distrutti in seguito al riaffacciarsi, sulla Terra di Mezzo, dell’antico nemico Sauron, il Signore Oscuro.
Conclusione senza infamia e senza lode, in fin dei conti, di un trittico non eccelso e dettato unicamente dalle leggi di mercato... ma che ci lascia almeno sperare che il regista premio Oscar Peter Jackson – autore di “Creature del cielo” (1994) e “Amabili resti” (2009) – si decida a tornare a dedicarsi a qualcosa che si avvicini più al calore della sua meravigliosa Settima arte che alla freddezza dell’overdose di effettistica digitale e riprese con green screen di sfondo.

La frase:
"Abbiamo rivendicato Erebor, ora la diventiamo".

a cura di Francesco Lomuscio

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