L'uomo del treno
Leconte si presenta a Venezia con un film semplice ed accattivante; dopo la prova, decisamente poco convincente, di "Rue des Plasir", dove il virtuosismo fotografico aveva soffocato pesantemente la storia, ci troviamo in una pellicola semplice e lineare dove gli attori e la sceneggiatura sono i veri protagonisti.
In una piccola cittadina della provincia francese due uomini si incontrano casualmente: uno è Milan (Johnny Hallyday / Paparazzi) un avventuriero di passaggio giunto in città per rapinare la banca locale, l'altro è Manesquier (Jean Rochefort / Ridicule), un professore in pensione. Tutti e due aspettano il sabato come un giorno cardine per le loro vite future, tutti e due devono far passare il tempo fino ad allora, tutti e due sono soli ed innamorati del sogno di una vita diversa, ambedue invidiano la reciprova vita, i due diventerenno amici.

Una commedia dolceamara che ricorda i registri di alcune nostre pellicole come "Amici Miei" dove alle risa si accosta una tristezza di fondo legata all'ineluttabilità del fato. Al loquace professore che sogna da sempre l'evasione dalla monotonia del quotidiano (e chi non lo fà), magari con un tatuaggio, si contrappone il silenziosissimo ladro, che vorrebbe fermarsi in un posto mettere radici, o meglio pantofole. Da sempre l'erba del vicino è sempre più verde e tutti tendiamo a vedere soltanto i lati positivi degli altri, ma quando si vestono i panni di qualcun altro solo per pochi giorni, resta soltanto un bel ricordo che si conserva per sempre.

I sorrisi, più che le risate, sono assicurati soprattutto dalla mimica e dalla parlantina di Rochefort, indimenticabile in tal senso la sua interpretazione di John Wayne, paragonabile solo a quella di Jean Reno (casualmente francese anche lui) in Leon. L'interazione tra lui e Hallyday è quella che da verve alla pellicole anche perchè lo diversità dei due non si limita ai semplici personaggi, ma si fa forte di quella che è la vita reale dei due attori.
L'unico appunto resta su di un finale eccessivamente prolungato, che vira su toni onirici del tutto al di furi delle corde precedenti e sostanzialmente fuori luogo. Un taglio dei tre minuti prima dei titoli di coda avrebbe giovato. La frase: "Il mio nome è Earp, Wyatt Earp!."

Curiosità: Manesquier dal parrucchiere è una citazione da "Il Marito della Parrucchiera", sempre di Leconte.

La chicca: il personaggio del "driver" che dice una sola frase alle dieci del mattino, prima di quell'ora pensa e dopo... si riposa. Assurdamente geniale.

Indicazioni:
Non deluderà gli estimatori di Leconte.

Valerio Salvi

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