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Blood story
Un tizio con gravi ustioni da acido sul corpo viene trasportato da un’ambulanza in ospedale, dove si suicida gettandosi dalla finestra.
Prima di spostare l’ambientazione a due settimane precedenti, apre così il rifacimento a stelle e strisce dello svedese “Lasciami entrare”, che, diretto nel 2008 da Tomas Alfredson prendendo spunto da un romanzo di John Ajvide Lindqvist, forniva una profonda riflessione sul difficile e doloroso passaggio verso il mondo adulto tramite la vicenda dell’adolescente Oskar alias Kåre Hedebrant, il quale, tormentato da tre compagni di scuola, finiva per intrecciare una forte amicizia con la dodicenne Eli, nuova vicina di casa interpretata da Lina Leandersson, in realtà vampira.
E, sotto la mitica Hammer Film Productions che ci regalò tanto buon orrore cinematografico tra gli anni Cinquanta e Settanta, è il Matt Reeves che aveva firmato nel 2008 l’acclamatissimo monster-movie “Cloverfield” a curare la regia di questa rilettura in cui, accanto all’Elias Koteas di “Tartarughe ninja alla riscossa” nei panni di un poliziotto, troviamo al posto dei due giovani protagonisti originali il Kodi Smit-McPhee visto nell’apocalittico “The road” e la Chloe Moretz di “Zombies-La vendetta degli innocenti”, qui rinominati Owen e Abby.
Tutti facenti parte di un cast decisamente in forma per quello che, piuttosto fedele al capostipite, del quale recupera in maniera efficace sia la gelida atmosfera che i lenti ritmi di narrazione, vi si distacca, in parte, a causa della maggiore attenzione prestata nei confronti del lato horror, presente nel testo scritto ma volutamente posto in secondo piano da Lindqvist, più interessato a quello romantico.
Quindi, un remake che differisce dalla pellicola di riferimento soltanto a causa di una rappresentazione delle morti che, maggiormente tendente allo splatter e alla spettacolarità, come vuole la tradizione cinematografica americana, non disturba affatto l’insieme. Lo rende anzi più “orecchiabile” di “Lasciami entrare” agli occhi dello spettatore occidentale, tanto che Stephen King pare abbia dichiarato: “Il film di Matt Reeves è un trionfo di genere. Non solo un film horror, ma il miglior horror americano degli ultimi vent’anni. Che siate adulti o ragazzini, ne sarete sopraffatti. Correte a vederlo ora e dopo mi ringrazierete”.
Un’affermazione di sicuro esagerata, ma rivolta ad un prodotto che non delude affatto.
La frase:
- "Per tua informazione non posso essere tua amica"
- "Perché no?"
- "E’ così e basta"
- "Chi dice che voglio essere tuo amico?".
Francesco Lomuscio
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