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Le fossé (The Ditch)
"Tra il 2005 e il 2007 ho intervistato molti dei sopravvissuti al campo di Jiabiangou e ho così potuto ascoltare direttamente da loro il ricordo di quell’esperienza. Le loro storie, assieme al romanzo "Addio, Jiabiangou" di Yang Xianhui, sono state la base per la sceneggiatura del mio film".
A parlare è il regista di Hong Kong Wang Bing, il quale, a due anni dal documentario "A journal of Crude Oil" (2008), torna dietro la macchina da presa per ricostruire – questa volta attraverso un racconto di finzione – un episodio drammatico e poco conosciuto della storia cinese del XX secolo, partendo dall’ottobre del 1960.
Alla fine degli anni Cinquanta, infatti, il governo cinese condannò ai campi di lavoro forzato migliaia di cittadini considerati "dissidenti di destra" a causa delle loro attività passate, di critiche contro il Partito Comunista o, semplicemente, a causa della loro provenienza sociale e familiare. Circa tremila "intellettuali" di estrazione basso o medio borghese dalla provincia di Gansu costretti a sopportare condizioni di assoluta povertà; molti dei quali, per colpa delle fatiche disumane a cui venivano sottoposti, delle condizioni climatiche assurde e incessanti e delle terribili penurie di cibo, morirono, di notte, nei fossi in cui dormivano.
Ed è proprio ricorrendo continuamente al contrasto tra i cupi e claustrofobici interni di quei cunicoli e l’immagine del deserto desolato che Bing racconta la tragica e disperata vicenda di questi poveri individui deportati per essere rieducati nel campo di Jiabiangou, nella Cina Occidentale, nel cuore del Deserto del Gobi, lontani migliaia di kilometri dalle loro famiglie e dai propri cari.
Quindi, tra abbandono, solitudine e momenti decisamente disgustosi che vanno dalla sequenza in cui uno dei protagonisti uccide un topo per cucinarlo a quella che vede un altro di essi cibarsi di vomito, il risultato finale, seppur duro da digerire in quanto costruito anche su ritmi di narrazione estremamente lenti, incarna a dovere le fattezze del coraggioso resoconto su celluloide di un’umanità spinta ai limiti più estremi.
Merito anche della buona prova degli attori, tra cui Lu Ye, Lian Renjun e Xu Cenzi.
La frase: "Muoiono in tanti e non ci possiamo fare nulla".
Francesco Lomuscio
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