La sposa Siriana
Le alture del Golan sono state occupate da Israele a partire dal 1967 e da allora sono territori oggetto di contestazione da parte della Siria. In molti villaggi vive una popolazione a maggioranza drusa, considerata dalle carte d'identità israeliane "apolide".
Durante tre anni di viaggi, il regista Eran Riklis e la sceneggiatrice Israelo-palestinese Suha Arra hanno raccolto testimonianze sulla zona di confine tra Israele e Siria proprio a ridosso delle alture del Golan. Il risultato di questo lavoro di ricerca, in cui gli autori sono venuti a conoscenza di storie drammatiche e bizzarre, è "La sposa siriana", un film politico, arguto e velato a tratti da un'amara ironia. Si tratta della storia di Mona, che va in sposa ad un famoso attore televisivo siriano, pur sapendo che una volta oltrepassato il confine siriano non potrà mai più fare ritorno alla propria famiglia.

In realtà il matrimonio è il presupposto di partenza, ma non è l'argomento principale del film. Nulla ci viene detto su come Mona e Tallel si siano conosciuti o perché si sposino o si amino, anche perché non si vedranno fisicamente che al momento delle nozze. Quello che davvero conta è la forza dinamica del matrimonio: esso di per sé è in grado di far venire alla luce le contraddizioni politiche, culturali e sociali all'interno di una piccola famiglia drusa del Golan. Così abbiamo un padre che non può partecipare al matrimonio perché gli è precluso l'accesso alle zone di confine militarizzate, un figlio non accettato dal padre perché ha sposato una donna russa, particolare contrario ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche, ed un universo femminile in lenta ma inesorabile rivolta contro i valori di una società maschilista. In questo ultimo tema si nota il tocco di Suha Arra, molto nota per le sue idee moderne e progressiste. Le donne del film hanno legami molto stretti, che sfuggono a differenze generazionali, sociali o religiose, mostrando come sia impossibile che il loro silenzio sotterraneo duri ancora a lungo. Si parlano molte lingue nel film, proprio a rappresentare il quadro culturalmente eterogeno in cui si svolge la narrazione: ebraico, arabo, russo, francese ed inglese. Ma spesso è proprio questa differenza a impedire la comunicazione, anche all'interno della stessa famiglia.

Nato da una coproduzione franco-israelo-tedesca di altissimo livello, "La sposa siriana" è un film che vale la pena vedere per molte ragioni. Perché dà l'idea della situazione dei drusi del Golan, popolazione di cui non si parla molto, ma anche perché è un film poetico, fatto di piccoli gesti, di sguardi e di movimenti appena percettibili, messi tuttavia in evidenza da una regia sicura e discreta. Ma si può anche notare una certa ironia, soprattutto nel constatare come certe zone della terra, benché contese politicamente, nella normale amministrazione siano spesso dimenticate da una burocrazia ottusa ed implacabile.

La frase: Sarà bionda, ma non sa neanche come si taglia un pomodoro!

Mauro Corso

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