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La scelta











Ci aspettavamo tanto da un attore e regista come Michele Placido, ma il risultato finale del suo ultimo progetto ha - a dir poco - deluso. Dopo undici anni dal film "Ovunque sei" (ispirato alla commedia "All’Uscita"), che non riscosse molto successo alla Mostra del Cinema di Venezia, il regista di una delle fiction televisive più apprezzate d’Italia, “Romanzo criminale”, torna a portare sul grande schermo le opere di Luigi Pirandello. Per la sua undicesima pellicola, infatti, l’attore ha scelto di rappresentare la commedia drammatica "L'innesto”, che ha intitolato “La Scelta”. Se nel 1919, quando l’opera di Pirandello venne interpretata per la prima volta a teatro, "L’innesto” aveva suscitato scalpore in quanto per l’epoca il tema della maternità veniva affrontato con strumenti diversi, ora le cose sono cambiate. Abbiamo sempre visto Placido in ruoli commediali (di recente in “Viva l’Italia”) e fin qui ha deluso raramente il grande pubblico, ma - per i temi trattati, i dialoghi e le scelte di sceneggiatura e regia - quello che poteva essere un grande film si è trasformato in un’accozzaglia di idee mal concretizzate.
Inizierei a dire che i temi, quali la violenza sessuale sulle donne, l’umiliazione per il fatto subito, che porta spesso alla paura di denunciare l’accaduto, l’impossibilità di avere figli e la famiglia allargata - oltre all’incomunicabilità della coppia - sono alquanto banali. Non fraintendetemi: l’idea è buona, ma è il modo in cui è stata realizzata che lascia a desiderare. Sono tutti temi attuali (nessuno dice il contrario), ma nel 2015 queste situazioni vengono vissute in modo differente rispetto all’immagine che il regista ne dà attraverso il suo film. Sarà che Placido non ha molta dimestichezza nel dirigere film di genere drammatico? Protagonisti della storia sono Raoul Bova e Ambra Angiolini, che interpretano rispettivamente Giorgio e Laura, due ‘giovani’ sposati e appagati sia dalla propria professione (insegnante lei e ristoratore lui) e sia dal loro stretto legame sentimentale. I due cercano da tempo di avere un figlio senza ottenere risultati. Fino a quando la donna subisce una violenza sessuale e rimane incinta (il figlio potrebbe essere anche di Giorgio, poiché dopo l’avvenimento la donna cerca di ritrovare l’intimità con suo marito). L’accaduto metterà la coppia in crisi: da una parte, lei decide di tenere il bambino nonostante sia frutto di un crimine, affrontando con coraggio il perbenismo delle persone; dall’altra parte, lui si sente offeso nella sua morale e cerca una soluzione. Tanti sono i dubbi che si insinueranno in loro.
Adesso passiamo ai due attori principali: Ambra Angiolini e Raoul Bova. In quattro anni i due hanno recitato insieme in ben 4 film, nei quali non avevano mai avuto un ruolo di coppia. Il perché si può anche intuire: una relazione tra i due appare poco credibile e difficile da immaginare. Gli attori, nelle scene successive alla violenza, cadono quasi nel ridicolo ad ogni litigio ed effusione, risultando poco convincenti nell’interpretazione e suscitando allegria. Questo, in un film dai temi così profondi, non dovrebbe succedere mai.
Ciò, probabilmente, è dovuto ai dialoghi surreali e poco credibili di Michele Placido e della co-sceneggiatrice Calenda e, soprattutto, ad alcune scelte di regia decisamente incomprensibili.
A rendere il lungometraggio difficile da seguire e comprendere sono i lunghi silenzi dei due protagonisti e la loro incapacità di comunicare, dovuta al rifiuto di dare spiegazioni sui loro atteggiamenti nel momento in cui servirebbe. Da citare è anche l’improvvisa fuga della donna, che dopo l’incidente vive momenti che la trascinano in un vortice continuo fatto di sorrisi e pianti. Giorgio, invece, entra in uno stato emozionale duro da sostenere, che lo porta ad avere una crisi di nervi.
Nella storia i personaggi secondari sono quasi inesistenti, o - comunque - non hanno un grande peso. Un altro elemento del tutto tralasciato dal regista è il racconto di quanto avvenuto a Laura al momento dello stupro, che porta ad avere dei dubbi sugli effettivi eventi accaduti. D’altra parte, però, anche nel dramma originale di Pirandello non vengono mostrate le scene dello stupro.
Per quanto riguarda la scelta delle musiche, da una parte riescono a dare maggiore intensità alle scene, mentre dall’altra sono alquanto insolite. L’"incidente" verrà poi denunciato dalla stessa donna e la coppia si ritroverà a condividere, finalmente, una “scelta”.

La frase:
"Tutte quelle attese, ogni mese... Laura, io rivoglio indietro la nostra vita".

a cura di Rosanna Donato

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