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La ragazza del trenoLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato26 ottobre 2016Voto: 6.0
Emily Blunt è la protagonista assoluta de “La ragazza del treno”, il thriller di Tate Taylor tratto dall'omonimo romanzo della scrittrice Paula Hawkins del 2015. Divenuto un best seller negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, con oltre 3 milioni di copie vendute solo negli USA, il libro - come la pellicola - è raccontato prevalentemente dal punto di vista della protagonista Rachel e a tratti da altre due donne della storia: Anna e Megan. Devastata dal recente divorzio e incapace di accettare la fine del matrimonio e il tradimento dell'ex marito, Rachel comincia ad osservare, trasformandola in una vera e propria ossessione, la coppia apparentemente perfetta che vive in una casa che vede ogni giorno dal treno che la porta al lavoro. Fino a quando una mattina scorge dal finestrino una scena che la sconvolge e si trova improvvisamente coinvolta in un caso misterioso e sconcertante. Cosa avrà visto di così sconvolgente da mettere in pericolo la sua vita?
Spesso le trasposizioni cinematografiche di best seller che hanno emozionato milioni di lettori non rendono come dovrebbero, ma anzi perdono di qualità. Questo, spiace dirlo, vale anche per La ragazza del treno che, nonostante l’idea originale di fondo, possiamo definire una accozzaglia di idee mal gestite, o banalmente un polpettone. La pellicola, infatti, risulta essere alquanto confusionaria, sia nel passaggio dal presente al passato, sia in quello da una scena all'altra. C’è di buono che il regista Tate Taylor ha pensato bene di inserire delle didascalie temporali, anche se non appaiono ad ogni cambio. Questo non solo confonde lo spettatore, che non riesce a seguire facilmente il susseguirsi di scene, ma lo rende anche meno interessante ai suoi occhi. Al giorno d’oggi, con tutte le innovazioni tecnologiche che abbiamo, è assurdo vedere film che non riescono a garantire uno stacco netto tra due realtà temporali. Senza contare inoltre che il pubblico predilige quelli che mantengono un ordine cronologico. Per evitare questo problema, sarebbe bastato utilizzare flashback volti a mostrare quanto accaduto in passato. Sicuramente la pellicola ne avrebbe giovato e non poco. Interessante è invece la scelta della colonna sonora, che risulta molto incisiva e accattivante. Di certo le musiche sono adatte a un thriller ricco di suspance, anche se nella pellicola di momenti che trasmettono pura ansia ce ne sono molto pochi. A deludere è anche il ritmo lento, per niente incalzante e addirittura capace di rendere alcune scene soporifere. Solo sul finale, il quale presenta una scena che piacerà particolarmente alle donne, il progetto si rianima un minimo. L’unico aspetto che colpisce è l’interpretazione dei molti attori presenti. Ognuno di loro ha un ruolo ben definito e ogni personaggio è caratterizzato al meglio grazie alle qualità recitative degli interpreti. Da sottolineare è la bravura di Emily Blunt che presta il volto a una donna perennemente ubriaca, la quale trova nel bere l’unica via d’uscita alle sue sofferenze. L’attrice ha dimostrato di avere capacità espressive molto marcate, adatte a un personaggio dotato di grande spessore e di una forte componente drammatica come Rachel. Il film affronta temi universali, che possono riguardare la vita di ogni uomo. Tra questi emerge quello dell’importanza - soprattutto per una donna - di avere la possibilità di fare un figlio, di amare qualcuno incondizionatamente e di sentirsi amata a sua volta. Il problema si pone quando - nonostante i numerosi tentativi - qualcosa le impone una vita diversa da quella che aveva sempre desiderato, trascinandola in un vortice di depressione che le farà perdere ciò che ha di più caro al mondo. Una situazione che, ahimè, in molti vivono oggi. Altro tema rilevante è l’abuso di alcool, un problema che spesso induce gli altri a sfruttarne le potenzialità per far credere alle persone che abbiano fatto qualcosa di poco ortodosso nei loro confronti, che siano loro i responsabili della fine di una storia. Non è sempre così, ma questo è ciò che emerge nella pellicola: quanto sia facile condizionare una persona e farle credere ciò che si vuole. In tutta sincerità il progetto non vale il costo del biglietto, ma la scelta di andare al cinema o meno è soltanto vostra. La frase dal film:
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