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La profezia dell'armadillo

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Leonardo Mezzelani03 settembre 2018Voto: 4.0
 

  • Foto dal film La profezia dell'armadillo
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Zero (interpretato da Simone Liberati) ha ventisette anni, vive a Rebibbia (periferia di Roma) e di mestiere fa il disegnatore. Per poter campare però, come la maggior parte dei ragazzi, è costretto ad arrabattarsi con lavoretti saltuari come dare ripetizioni e cronometrare le file dei check-in all’aeroporto. Sembra amare la sua routine, le sue giornate passate con l’amico di sempre, Secco, e la sua coscienza, un armadillo umanoide. L’arrivo di una mail che lo informa della morte di Camille, sua amica e amore adolescenziale, trasferitasi in Francia anni prima, stravolgerà questo precario “ecosistema”. Sulla soglia dei 30 anni Zero si rende conto che forse è arrivata l’ora di crescere, così comincia il suo duplice viaggio, a ritroso nella memoria e in avanti verso i funerali dell’amica scomparsa.

Tratto dall’omonimo best seller del fumettista Zerocalcare (co-autore della sceneggiatura sotto il suo vero nome) “La profezia dell’armadillo” è stato presentato alla 75ª edizione del Festival del cinema di Venezia, per la categoria “Orizzonti”. Riuscire a scrivere un film partendo da una graphic novel è un’operazione delicata, tanto più in Italia (terreno quasi mai battuto dal nostro cinema), riuscire a farlo diventare un bel film lo è ancora di più. Queste problematiche si amplificano nel momento in cui si ha a che fare con la produzione artistica di un autore così intimistico come Zerocalcare, le sue storie sono quasi sempre tratte da esperienze di vita quotidiana esasperate e riviste in chiave ironica/satirica. Non ci si poteva quindi attendere molto da questo film, ma qualcosina sì.
Per chi un minimo conosce lo stile del fumettista era lecito aspettarsi frequenti risate (anche amare) o almeno di sentire sulla propria pelle quella nostalgia che tanto lo identifica. Il problema è che in questo film non si trova nulla di questo.
La sensazione che si ha con il passare dei minuti, tra una risata abbozzata e l’altra, è che nel passaggio da un medium all’altro si sia perso di vista quello che si voleva raccontare.

Il film procede claudicante tra uno sketch e l’altro, struttura analoga a quella della versione cartacea, ma al cinema, la maggior parte delle volte, non funziona. La regia è inesistente, nessun guizzo a parte qualche trovata sulla quale è meglio sorvolare. La comicità farcita di parolacce e slang romanesco sul grande schermo non funziona, alla lunga diventa addirittura fastidiosa. La recitazione è ai minimi storici, tenendo fuori Simone Liberati e Pietro Castellitto (salvabili, nulla più) la più convincente è la performance di Adriano Panatta, tra l’altro già vista in gran parte nel trailer promozionale, quindi addio effetto sorpresa.
Ci si poteva aspettare di ridere ma non si ride poi tanto (anzi), e l’effetto amarcord? Quella nostalgia della giovinezza passata - ma mai abbandonata - di cui si parlava sopra? Poca roba, davvero poca, purtroppo. Tutto resta in superfice, tutto sembra finto e posticcio. Purtroppo nemmeno le performance delle controparti bambine dei protagonisti riescono a fare un buon lavoro. Si arriva al momento topico del film senza aver vissuto un climax accettabile per provare la giusta empatia, non si prova quasi nulla.

Dispiace dover demolire in questa maniera l’opera prima di un giovane regista, chi scrive queste righe ha provato in tutti i modi a salvare il film durante la visione, ma non è stato possibile. “La profezia dell’armadillo” è un film senza identità, vuoto, dimenticabile ed è un gran peccato, visto l’ottimo materiale dal quale partiva.


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