La passione di Giosuè l'ebreo
Il 1492 è un anno che per associazione d'idee si collega immediatamente a Cristoforo Colombo e alla scoperta dell'America. Ma il 1492 è anche l'anno in cui la regina Isabella decreta la cacciata dalla penisola iberica di tutti gli ebrei che rifiutando la conversione minacciano la purezza di quella che doveva diventare la cattolicissima Spagna. Dopo la cacciata dei mori, consumatasi anni prima, veniva in questo modo a cessare di esistere un mondo in cui avevano avuto la possibilità di coesistere le tre principali religioni monoteiste: la cattolica, l'ebraica e la maomettana. Inoltre in questo modo veniva dispersa per l'Europa la ricca cultura sefardita (da Safarad, cioè Spagna) che aveva fatto da tramite tra cultura orientale ed occidentale. E a questo si unì il dramma del marranesimo, che segnò in maniera profonda la sensibilità religiosa ebraica nei secoli a venire. Anche se vi furono conversioni al cristianesimo, molti neoconvertiti continuarono a professare in segreto la propria religione, ed essere scoperti voleva dire morte certa. In Sicilia, luogo in cui è ambientato "La passione di Giosuè l'ebreo" l'inquisizione ha comminato condanne a morte per marranesimo fino al 1700.

Il film di Pasquale Scimeca è un'allegoria della condizione ebraica dopo il fatidico 1492, ma più in generale è una forte denuncia della giudeofobia derivante dall'accusa di deicidio, cioè dell'assassinio di Gesù. Giosuè, è un giovane ebreo che dopo la fuga dalla Spagna si trova in un paesino della Sicilia, e mentre sta vendendo carbone capita in una chiesa in cui stanno scegliendo un fedele così sapiente da poter interpretare il ruolo di Cristo in una sacra rappresentazione chiamata la "Casazza" (termine che proviene da "casacca" o secondo un'altra teoria, da una grande casa in cui provavano gli attori). Grazie alla sua profonda conoscenza della Bibbia (Giosuè è figlio di un rabbino), il giovane ebreo viene scelto, ed in breve riesce ad accattivarsi la simpatia degli abitanti di Hassin. Ma un inquisitore, decide che lasciar vivere Giosuè è troppo pericoloso, e la rappresentazione diventa reale.

"La passione di Giosuè l'ebreo" vuole ribadire in maniera chiara le parole di Giovanni XXIII secondo il quale con la persecuzione ingiusta da parte dei cristiani, nel corso dei secoli Gesù è stato crocifisso una seconda volta nella carne degli ebrei. Per questo, e anche per il messaggio di tolleranza che unisce sotto il padre comune Abramo le tre principali religioni monoteiste, Giosuè l'ebreo porta con sé un messaggio di grande importanza. La pellicola di Scimeca, che ha recentemento scoperto di avere come ascendenti lontani degli ebrei convertiti, però come tutte le allegorie soffre di una stilizzazione a volte eccessiva, pur non mancando di momenti toccanti, come il grido disperato di Giosuè sulla croce: "Shemà Israel, Adonai echad!" ("Ascolta Israele, il Signore è uno solo!"; Deut. 6:4).

Nonostante questo film abbia avuto l'appoggio della Conferenza episcopale italiana, la produzione ha incontrato numerose difficoltà in particolare di carattere finanziario, e solo grazie all'Istituto Luce e alla società Arbash è stato possibile reperire i fondi necessari al suo completamento. Forse ora che la regina Isabella di Spagna è in odore di beatitudine è meglio non ricordare certe decisioni del suo regno certo non improntate alla tolleranza e al rispetto della dignità dell'uomo.

La frase: "Giosuè, tu non sei il messia!".

Mauro Corso

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