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La leggenda del cacciatore di vampiri











In fatto di succhiasangue su celluloide, il russo classe 1961 Timur Bekmambetov – autore del cinecomic “Wanted-Scegli il tuo destino” (2008) interpretato da Angelina Jolie – già si era occupato del poco esaltante dittico costituito da “I guardiani della notte” (2004) e “I guardiani del giorno” (2006).
Sotto la produzione di Tim Burton, trasferisce sullo schermo in 3D il romanzo di Seth Grahame-Smith “Abraham Lincoln: Vampire hunter”, ponendo il Benjamin Walker de “La scandalosa vita di Bettie Page” nei panni di colui che fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti; in questo caso destinato a trasformarsi nottetempo in cacciatore di vampiri, ormai integratisi nella vita dei comuni mortali, in quanto uno di essi, l’uomo d’affari Jack Barts alias Marton Csokas, fu responsabile della morte di sua madre, la quale gli insegnò il concetto “Fino a che non saremo tutti liberi, saremo tutti schiavi”.
Quindi, una vicenda che si svolge dal 1820 al 1865, vedendo al fianco del protagonista sia la moglie Mary che l’ambiguo Henry Sturges, rispettivamente interpretati dalla Mary Elizabeth Winstead di “Grindhouse-A prova di morte” (2006) e dal Dominic Cooper di “Marilyn” (2011).
Una vicenda che, tra realtà e fantasia, sfrutta sequenze notturne in un certo senso non distanti, nelle atmosfere, proprio da quelle cui spesso ricorre il succitato autore de “Il mistero di Sleepy Hollow” (1999), man mano che entrano in scena signori della notte a loro modo spaventosi e caratterizzati da un look non disprezzabile.
Però, anche se la visione tridimensionale viene sfruttata meglio del solito, Bekmambetov, come di consueto, dimostra di curare più l’aspetto visivo che quello relativo allo sviluppo della narrazione.
Quindi, se da un lato non sono assenti movimentate sequenze come quella con i cavalli in fuga o l’altamente spettacolare scontro finale a bordo del treno in corsa, dall’altro il ritmo generale risulta piuttosto discontinuo, tanto da non risparmiare neppure occasioni per annoiarsi.
E, mentre apprendiamo sia che il vero potere deriva dalla verità e non dall’odio, sia che la storia ricorda la battaglia e dimentica il sangue versato, sorge spontaneo chiedersi se il cineasta sarebbe stato comunque in grado di svolgere il suo mestiere nel caso in cui la computer grafica non fosse mai stata inventata.

La frase:
- "Ma i vampiri non erano soltanto un mito?"
- "I miti non ti pestano dopo che gli hai conficcato una pallottola nel cervello".

a cura di Francesco Lomuscio

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