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La bella e la bestia (2014)

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Simone Arseni18 febbraio 2014
 

  • Foto dal film La bella e la bestia (2014)
  • Foto dal film La bella e la bestia (2014)
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La splendida favola francese di Madame de Villeneuve, edita per la prima volta nel 1756, aveva subito un primo adattamento cinematografico nel 1945, ad opera del poliedrico artista francese Jean Cocteau. Tale versione del racconto, ritenuta la più riuscita, era stata poi affiancata nel 1991 dalla versione animata prodotta dalla Disney, conosciuta in tutto il mondo. Tra breve, uscirà nelle sale italiane una nuova trasposizione cinematografica della favola, recante la firma di Christophe Gans (regista de Il patto dei lupi) e interpretata da Lea Seydoux e Vincent Cassel.

La vicenda non ha bisogno di essere ricordata: narra dell’incontro tra la splendida figlia di un mercante caduto in disgrazia e un principe vittima di un crudele incantesimo che lo ha trasformato in una bestia spaventosa e feroce. Belle, la fanciulla coraggiosa, si sacrifica ad una prigionia nel castello della bestia per salvare la vita dell’anziano padre, condannato a morte dalla bestia per essere entrato nel suo castello dopo essersi perso e per aver strappato una rosa da portare alla giovane figlia. Ad attendere Belle c’è una vita nuova, inizialmente avvertita come una dolorosa prigionia. Tuttavia, con il passare del tempo Belle scopre il passato della bestia e ne svela il lato umano, finendo per innamorarsene.

Approcciarsi con nuovo slancio creativo a una storia tanto conosciuta e già resa magnificamente nelle due precedenti versioni può essere considerato al tempo stesso un atto di coraggio e di alterigia.
Soltanto l’esito del film può fare giustizia delle intenzioni dell’autore: se potrà dirsi un film riuscito, la sua opera sarà considerata un atto di coraggio; viceversa, sarà considerata un atto di alterigia. Nel caso di Christophe Gans, bisogna ammettere che l’esito è per molti versi deludente.

La storia, certamente nota, è tuttavia privata del suo enorme potenziale drammaturgico. I personaggi non conservano lo spessore drammatico che li caratterizza nelle atre versioni, neppure durante i momenti chiave della narrazione. Non trapelano né il dolore profondo della bestia, il tragico orrore che prova per il proprio aspetto e il terribile sospetto, così vicino alla certezza, che nessuno mai potrà più amarlo. Né trapela il meraviglioso percorso emotivo che conduce Belle a sentirsi da prigioniera di una belva feroce, a donna libera di restare al fianco dell’uomo che ama. Gli eventi che si susseguono e le trasformazioni interiori che accadono sono riportati dal regista come semplici fatti di cronaca ai quali lo spettatore non partecipa.
La storia risulta come scarnificata e a poco valgono le spiegazioni del regista, il quale ha affermato di non aver voluto "fare un remake del film di Cocteau, bensì un nuovo adattamento del racconto". Questa dichiarazione, per quanto aspiri segretamente a evitare paragoni tra le due opere, non riesce tuttavia a impedire che sia formulato un giudizio negativo sul film. A poco giovano le deviazioni narrative rispetto alle precedenti e le innovazioni tecnologiche, senz’altro interessanti, con le quali si rende peculiare il personaggio interpretato da Vincent Cassel: nel suo insieme il film non è capace di coinvolgere lo spettatore, né di farlo tornare indietro nel tempo, rendendolo partecipe con la fragilità e l’emotività di un bambino.
Questo, a mio parere, sarebbe dovuto essere l’obiettivo principale della nuova versione di una favola che aveva già detto quasi tutto.


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