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Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen
Dalla Cina con furore... è proprio l’espressione esatta per presentare l’ultimo lavoro del regista Andrew Lau, ("Identikit di un delitto", "Initial D"), che a 70 anni dalla nascita di Bruce Lee, ("Dalla Cina con furore", "I tre dell’operazione drago"), riporta sul grande schermo l’eroico Chen Zhen, il personaggio che nel 1972 ha reso celebre in tutto il mondo il leggendario attore scomparso prematuramente, e interpretato in seguito anche da Jet Li, ("Romeo deve Morire", "Hero"), in "Fist of Legend", diretto da Gordon Chan nel 1994.
Divertente e commerciale come tutti gli action movie, "Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen", ha tutte le carte in regola per essere confrontato con le pellicole a cui si ispira, senza risultarne sconfitto.
Le scelte stilistiche, e di genere del regista si manifestano sin dai primi fotogrammi, quando il protagonista, Chen Zhen, interpretato dal divo cinese Donnie Yen, ("Seven Swords", "Hero"), solo contro un esercito di soldati nazisti armati di fucili d’assalto e mitragliatrici, salva i suoi compatrioti da un’imboscata, con l’unico aiuto di due pugnali, e un sapiente utilizzo delle arti marziali.
La velocità, il ritmo, il brio così gradito agli appassionati del genere, portano subito la storia ad un livello elevato senza bisogno di alcun riscaldamento. L’ambientazione cronologica, così come la conoscenza dei personaggi si sviluppano per tutta la pellicola con colpi di scena e atti eroici, accompagnati da un frontale, un circolare all’indietro e un butterfly kick, che si liberano nell’aria come fossero le note di una colonna sonora.
Il regista da molto peso alle musiche così come ai semplici rumori, anche insignificanti, (ad esempio: lo schioccare delle nocche di una mano), per dare enfasi alla drammaticità delle scene, e usa sapientemente la tecnica dello slow motion per sottolineare l’armonia e la forza delle spettacolari figure di kung fu, senza tralasciare le situazioni comiche e i dialoghi importanti, che nel complesso rendono il film piacevolmente scorrevole.
Si nota l’influenza del Cinema hollywodiano, cui Lau rende omaggio con la grandiosità delle scene e lo sfarzo di lustrini e paillettes, tipici del glamour degli anni ruggenti negli USA, senza però dimenticare il proprio amor nazionalista, descrivendo con precisione l’orgoglio del popolo cinese e la sua determinazione nella caccia agli invasori.
Occupandosi anche della direzione della fotografia, Andrew Lau, non lascia niente al caso, regalando delle immagini eloquenti, incisive, e di grande impatto, nonostante gli esterni siano girati in teatri di posa. L’alternanza della desaturazione con l’ipersaturazione, anche nello stesso fotogramma, scandiscono emozioni e stati d’animo.
Nel complesso il film è divertente e adrenalinico, così come dovrebbe essere, anche se, bisogna dirlo, infastidiscono alcune lacune nel filo narrativo e l’interpretazione della protagonista femminile, l’attrice cinese Qi Shu ("New York I love You", "So Close"), che sembra insistere troppo su una sola espressione facciale: quella di chi ha bevuto troppo.
La frase: "Chi non cambia mai, verrà sconfitto".
Monica Cabras
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