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Jack Reacher - La prova decisiva











Jack Reacher è il nome del protagonista di una serie di thriller scritti dallo statunitense Lee Child a partire dal 1997. Il primo film a lui dedicato è tratto dalla sua nona avventura su carta, quella che come romanzo si intitola “One Shot”, un solo colpo. Di Reacher quindi ci viene detto giusto lo stretto necessario, che è un ex investigatore militare ormai ritiratosi e dalla vita piuttosto sfuggente. Il suo nome viene invocato come possibile aiuto per le indagini dal primo indiziato di una strage di civili che scuote Pittsburgh. Qualcuno ha sparato a grande distanza ad un gruppo di sconosciuti davanti ad un tribunale uccidendoli tutti al primo tentativo. I sospetti cadono subito su di un ex marine con un passato burrascoso, ma forse dietro al tutto c’è qualcosa di più...

Tom Cruise che sbroglia difficili matasse investigative, scazzotta, insegue al volante e conquista la donna di turno sorridendo anche quando tutto sembra andare male è una situazione che ormai si è vista nei quattro Mission: Impossible. Jack Reacher ha giusto un po’ più di umorismo rispetto a Ethan Hunt, ma siamo su quella falsariga di personaggio. Se a questi echi ci aggiungiamo il fatto che regista e sceneggiatore di questo film sia quel Christopher McQuerrie che ha scritto proprio l’ultimo “Mission Impossible: Protocollo Fantasma” (oltre che a “Operazione Valchiria” sempre con Tom Cruise), ecco che i corsi e i ricorsi cinefili diventano qualcosa di più che semplici suggestioni. “Jack Reacher” ha tanti pregi e qualche difetto. I pregi sono un incipit davvero appassionante ed una regia che, quando si tratta di inseguimenti in auto e sparatorie, sembra davvero ispirata. I difetti sono soprattutto le battute di spirito non riuscite ed un epilogo che dilapida molta della tensione antecedentemente accumulata: il faccia a faccia in un luogo disabitato è il più classico, ed in questo caso banale, dei cliché così come il cattivone che è stato in Siberia (oltretutto interpretato sorprendentemente da Werner Herzog). Il risultato finale è un film godibile con qualche evitabile sbavatura che potrebbe facilmente essere corretta in un eventuale sequel.

La frase:
"Pensi che io sia un eroe? Io non sono un eroe. E se sei intelligente, questo dovrebbe spaventarti. Io non ho niente da perdere.".

a cura di Andrea D'Addio

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