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I tempi che cambiano
Tangeri, zona franca del Marocco. Antoine (Gerard Depardieu) ritrova dopo trent'anni il suo primo, e forse unico, amore Cècile (Cathrine Deneuve). Lui è lì per supervisionare il cantiere di un nuovo centro audiovisivo francese, lei si è ormai trasferita da tempo in Africa dove fa la conduttrice di un programma radiofonico di dediche musicali. Antoine vorrebbe riprendere la relazione, per tutti questi anni è stato ossessionato dalla figura di lei, e la passione che normalmente scema col passare degli anni è, al contrario, aumentata di intensità. Il fatto che Cècile sia ormai sposata non lo scoraggia affatto anzi, è sicuro che proprio il matrimonio le abbia fatto capire quanto forte fosse il loro amore. Il problema è che lei non la pensa proprio così…
Presentato in concorso all'ultimo festival del cinema di Berlino, "Les temps qui changent" segna il ritorno di uno dei più famosi registi francesi reduci negli anni 60 dalla celebre avventura dei "Cahiers du cinema", André Téchiné ("Rendez-vous", "L'età acerba"). Così come nel 2001 con "Lontano", quasi che ne volesse fare un ideale seguito, Téchiné ci parla di persone senza certezze, dei loro sentimenti, della loro ambiguità. "I tempi che cambiano" del titolo non sono solo quelli legati alle emozioni dei personaggi, ma anche e soprattutto quelli più generali della gente che vive un cambiamento sociale e culturale, rimanendo in un limbo che non è né occidente né mondo islamico. Gente che vede l'Europa come il futuro, ma che non riesce e non vuole giustamente dimenticare il passato e le proprie origini. Da un punto di vista metaforico questo film offre quindi importanti spunti per riflessioni su un mondo di cui solo negli ultimi anni sembra siamo venuti a conoscenza (nonostante siano nostri vicini da sempre) , peccato però che la narrazione in se rimanga abbastanza convenzionale, e lo spettatore che non ama interpretare e analizzare scene e significati a prima vista celati, non farà fatica a catalogare, giustamente, la pellicola sotto la voce "mattone" o "mattoncino" che dir si voglia. Seppur i personaggi delineati rivestano, infatti, figure funzionali al sottotesto, troppo spesso vengono per lunghi periodi abbandonati a se stessi da una regia che fa di tutto per distanziare lo spettatore dalla vicenda, lasciandolo di fatto emotivamente "indifferente" al tutto. I temi dell'adulta relazione amorosa e dell'ambiguità sessuale del figlio di Cécile vengono infatti affrontati senza mordente e la percezione che si ha è che neanche al regista importino più di tanto le sorti dei propri personaggi…
Indicazioni: Per chi ama i film da festival europei
La frase: "Ti amo di più quando non ci sei perché posso sognarti"
Andrea D'Addio
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