Italiano Medio
Come avvisa in maniera esilarante la didascalia di apertura, è da una storia finta che è tratta la vicenda di Giulio Verme, ambientalista convinto in crisi depressiva che, finito a fare la “differenziata” in un centro di smistamento rifiuti alla periferia di Milano, non solo è ormai totalmente incapace di interagire con chiunque, ma vede cambiare la sua vita nel momento in cui ritrova il vecchio compagno di scuola Alfonzo alias Herbert Ballerina (all’anagrafe Luigi Luciano), il quale gli offre il rimedio per tutti i suoi mali.
Rimedio consistente in una miracolosa pillola che, al contrario del farmaco assunto da Bradley Cooper in “Limitless” (2011) di Neil Burger, fa usare soltanto il 2% del proprio cervello anziché il 20% - come si dice comunemente – al protagonista, nel frattempo entrato in contatto con una agguerrita associazione ambientalista che lo convince a lottare contro lo smantellamento di un parco cittadino.
Protagonista interpretato dallo stesso regista Maccio Capatonda, ovvero Marcello Macchia, il quale, al suo primo lungometraggio dopo l’infinità di short e falsi trailer che, diffusi in televisione e sul web, hanno contribuito a trasformarlo in un vero e proprio fenomeno della risata, si trova improvvisamente a passare dall’essere lo scontento cittadino modello giudizioso e rispettoso nei confronti del prossimo alle serate in discoteca, il continuo pensiero del sesso, le passioni e le virtù di ogni italiano medio.
Offrendosi, quindi, il semplice pretesto per poter costruire circa un’ora e quaranta di visione che, in mezzo a clochard forniti di tablet e peti fantozziani, conferisce, paradossalmente, proprio l’impressione di spingere lo spettatore a giudicare l’insieme sfruttando sia il suo lato più impegnato che quello maggiormente volto alla superficialità e al divertimento senza alcun pensiero.
Perché, se l’istinto immediato, nel corso della prima parte dell’operazione, è quello di gridare alla morte della Settima arte per mano della preoccupante tendenza d’inizio terzo millennio di estendere al grande schermo gli sketch trash (non mancano neppure escrementi in testa) che affollano quotidianamente quello piccolo e i monitor di computer e telefoni cellulari, non si può fare a meno di dichiararsi conquistati una volta giunti ai titoli di coda.
Con i meriti di ciò individuabili nella notevole intelligenza tramite cui una comicità orchestrata a colpi di genio tra storpiature di nomi (da Alessandro Del Pirlo a Roberto Salviamolo), doppi sensi (l’”appuntamento in via del tutto eccezionale” è da antologia) e parodie-citazioni cinefile (evidente quella a “Fight club”) va a sposarsi perfettamente al forte (retro) gusto di denuncia riguardante, in particolar modo, l’appiattimento culturale derivato dal bombardamento mediatico di talent show e simili.
Adeguando in maniera ragionatissima il linguaggio di internet ai ritmi del cinema e non viceversa, come erroneamente avvenuto con la serie de “I soliti idioti”, tanto da ottenere un elaborato unico nel suo genere e che, degno erede della Grande Commedia all’italiana, difficilmente potrebbe avere successori.
La frase:
- "Io voglio cambiare il mondo"
- "I Verme non hanno mai cambiato niente"
- "A parte i canali".
a cura di Francesco Lomuscio
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