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I nostri anni
Alberto (Virgilio Biei) e Natalino (Piero Franzo), sono due vecchi che hanno condiviso l'esperienza partigiana sulle montagne piemontesi. Ora le loro vite hanno preso strade diverse, Alberto viene mandato in un ospizio, Natalino viene contattato da un ricercatore universitario per un'intervista sul periodo della Resistenza. Da questo momento, passato e presente si uniscono in una nuova realtà che ha senso e valore solo per loro. Nel pensionato, intanto, Alberto conosce Umberto (Giuseppe Boccalatte), col quale entra in confidenza. Ma ad un certo momento, guidato dal continuo riaffiorare dei ricordi, Alberto si rende conto che quell'uomo vecchio e malato che ha di fronte, altri non è che il gerarca fascista che aveva trucidato, sotto i suoi occhi, un gruppo di partigiani feriti. Scosso da questa scoperta, Alberto va da Natalino, e gli ricorda la rabbia, l'odio, il rancore che per anni hanno covato in fondo al cuore, nei confronti di Umberto: l'unico modo per placare il loro dolore è uccidere il responsabile del massacro avvenuto tanto tempo prima.
"I Nostri Anni", è un continuo intreccio di ricordi e vita reale, un continuo fondersi fra momenti di intensa attività (il ricordo) e attimi di assoluta lentezza (il presente). La nuova pellicola di Daniele Gaglianone, noto soprattutto per i suoi cortometraggi e documentari sul periodo della Resistenza, non è un film d'azione, né la rivisitazione di un particolare momento della lotta partigiana, è solo, ma non per questo meno significativo, la storia di due ex combattenti che devono affrontare, oggi, i ricordi di una gioventù passata troppo in fretta. I dialoghi, scarni, essenziali, le parole ripetute all'infinito, sussurrate o urlate, riescono a far comprendere allo spettatore l'infinita tristezza che si nasconde dietro quei lunghi silenzi, quegli attimi di assoluto distacco dalla realtà, poco felice, che circonda i protagonisti. "I Nostri Anni" è un film ricco di pathos, dignità, valore, ironia, speranze vive e infrante. Per esaltare questi elementi, il regista utilizza la dimensione soggettiva dei due protagonisti e la dimensione della nostalgia, il tutto in un lungometraggio in bianco e nero che sembra preso direttamente da una cineteca. Molto credibili gli attori (non professionisti), i quali hanno la capacità di trasmettere quei sentimenti e quelle emozioni che "solo chi sa, chi ha vissuto può comprendere". Nel finale, la rassegnazione dei due amici viene ben esplicitata dalle parole di Natalino: "Ormai siamo tutti solo dei vecchi, di quello che succede domani non mi importa niente", ma sarà davvero così?
Teresa Lavanga
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