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In memoria di me
Il dubbio, la crisi dello spirito, la perdita del senso sono i tratti tipici dell'uomo moderno, anche se vengono più o meno abilmente rimossi nella routine quotidiana e dietro lo specchio della normalità e dei valori condivisi. In questo "In memoria di me" Saverio Costanzo affronta in modo diretto tali questioni di ampio respiro morale, riprendendo (anche se in maniera molto diversa) il discorso sul recupero della libertà già presente nel precedente Private.
Andrea è un giovane in crisi spirituale che decide di entrare in seminario per dedicarsi al sacerdozio. Non sappiamo le ragioni della sua crisi e del resto non sono importanti nell'economia della pellicola; quello che è davvero di grande rilevanza è il percorso interiore di Andrea, il suo rapporto con gli altri novizi e con il mondo di questo seminario veneziano (anche se non si vedono che rari scorci degli esterni). Le atmosfere sono claustrofobiche, i colori sospesi tra oscurità più totale e nitore accecante, rappresentazione delle incertezze di chi percorre il difficile sentiero della ricerca interiore. Andrea è un personaggio problematico, dai modi misteriosi e nei confronti di tutto quello che lo circonda curioso fino all'indiscrezione. Questo favorisce un processo di identificazione perché la curiosità e l'indiscrezione del protagonista diventano "nostre", mentre ci addentriamo in un microcosmo molto somigliante a una realtà militare. Questo non deve stupire perché il linguaggio della fede fin dai primordi ha attinto copiosamente dalla sfera lessicale bellica; ad esempio San Paolo così esortava gli efesini "Rivestitevi dell'armatura di Dio, per resistere alle insidie del Diavolo" (Efesini 6:11). Del resto dietro a questo "In memoria di me" c'è una ricerca approfondita sulla storia della chiesa e della spiritualità cristiana, da Sant'Agostino fino al Grande Inquisitore di Dostoevskij, evocato nella scena finale.
Costanzo, nonostante abbia corso qualche rischio, evita abilmente molti dei clichè in cui rischiava di cadere, soprattutto grazie ad un cambiamento continuo di prospettiva sia nella trattazione dei personaggi che nell'uso - davvero molto curioso - della colonna sonora. I religiosi infatti ascoltano valzer viennesi durante i pasti, particolare che secondo il regista è copiato dalla realtà ad esempio presso i gesuiti che usano la musica come forma di condivisione. Ad una seconda lettura questa musica chiaramente non religiosa rappresenta la pressione del mondo esterno sulla saldezza delle scelte di vita e di fede dei novizi. Tuttavia Costanzo non vuole dare risposte né facili vie di uscita in questo lavoro che forse ai più risulterà anche ostico, ma porre sul piatto una serie di problemi sulle scelte di vita che riguardano cattolici, laici e non credenti allo stesso modo. Il cast è all'altezza di questo compito particolarmente gravoso, ma tra tutti spicca un magnifico André Hennicke nel ruolo del Padre superiore, un personaggio sfaccettato ed umanissimo, che sa essere severo ed intransigente ma anche compassionevole e delicato.
La frase: "Non stiamo salvando il mondo, lo stiamo solo replicando".
Mauro Corso
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