Il mistero delle pagine perdute
In attesa che Steven Spielberg e Harrison Ford ci presentino il quarto capitolo di Indiana Jones, il meglio che Hollywood offre agli appassionati di archeologia e arcani segreti legati alla storia sono le vicende di Ben Gates alias Nicolas Cage e dei suoi misteri dei templari prima (2004) e delle pagine perdute del diario degli assassini di Abramo Lincoln ora. Le ambizioni non sono certo quelle di rivoluzionare un genere, quello dell’avventura, come fece la trilogia sopra citata, ma quello di creare un grande fumettone per famiglie dove tutto appaia possibile e i continui cambi di location e gli improbabili riferimenti al passato riempiano qualsiasi vuoto o punto interrogativo della sceneggiatura. Una grande e rumorosa favola dove i cattivi non sono così cattivi, mamme e papà (il premio Oscar Helen Mirren e il già papà dell’archeologa Lara “Jolie” Croft, Jon Voigt) tornano assieme dopo trent’anni dopo aver scoperto assieme una città d’oro, le parolacce sono bandite, il presidente degli Stati Uniti è un’acculturata persona disponibile ad una chiacchierata tra amici nel fondo di una grotta nascosta e Buckingham Palace è sorvegliato come un motel dell’Arizona. Washington D.C., Parigi, Londra, il South Dakota: il mondo grande come un tragitto di una metropolitana di un piccola città dove si viaggia quasi col pensiero.
Insomma, vi chiederete, ma l’obiettivo di realizzare un prodotto che concettualmente sostituisca il famoso cartone natalizio disneyano (che è uscito due mesi prima, Ratatouille) è riuscito? Si, ma non troppo.
Se da una parte infatti non ci si prende, giustamente, troppo sul serio mantenendo sempre un tono piuttosto leggero anche nelle scene più “drammatiche”, oltre alla struttura scenografica sempre accattivante merito dei tanti soldi investiti e ad una riuscita scena di inseguimento automobilistica dove rigorosamente nessuno si fa male davvero (in questi film si presume sempre che i passanti siano di gomma), Nicolas Cage non riesce proprio ad aggiungere quella dose di simpatia che sempre si pretende dal protagonista di questo tipo di pellicole. Basti vedere il falso battibecco con la bella Diane Kruger: non si sorride al vederlo alzare inspiegabilmente la voce per attirare l’attenzione, ma non si vede l’ora che qualcuno lo porti via per buona pace di tutti. Per un attore che alterna alti e bassi, questo sua ennesima interpretazione non fa certo parte del primo gruppo.


La frase: "L’uomo dura lo spazio di una vita, ma la storia ricorda".

Andrea D’Addio

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