Il mio miglior nemico
In casa De Laurentiis sembra proprio che siano sempre più intenzionati ad investire nel filone della commedia sentimentale. Dopo Christmas in love (2004) di Neri Parenti e Manuale d'amore (2005) di Giovanni Veronesi, infatti, la Filmauro ci propone Il mio miglior nemico, ultima fatica di Carlo Verdone, a due anni dal riuscito L'amore è eterno finché dura. Reduce proprio dall'ottima prova attoriale nel citato capolavoro (avete letto bene) di Veronesi, il Carlo nazionale ci propone stavolta il frutto di sette stesure di sceneggiatura per un copione di 130 scene girate tra Roma, Sabaudia, il Lago di Como, Ginevra e Istanbul, nel quale, fin dal prologo, veste i panni del cinico Achille De Bellis, top manager di un'importante catena alberghiera di proprietà della moglie Gigliola ed il cognato Guglielmo, rispettivamente interpretati da Agnese Nano e Paolo Triestino, suscitando immediatamente ilarità nello spettatore. La prima impresa in cui lo vediamo coinvolto è il licenziamento per furto di Annarita, con il volto della brava Sara Bertelà; ma neppure lontanamente potrà immaginare che questo "piccolo" gesto sarà destinato ad influire in maniera negativa sulla sua esistenza. Il figlio della donna, infatti, lo "sbandatello" di ventitrè anni Orfeo, incarnato da un Silvio Muccino decisamente in parte, convinto dell'innocenza della madre, decide, assetato di vendetta, di trasformare in un incubo la vita di Achille, ormai prossimo all'anniversario delle nozze d'argento. All'interno di questo incontro-scontro generazionale dal sapore vagamente politico, che vuole Orfeo, ragazzo del popolo, in opposizione all'arricchito Achille, non mancheranno, quindi, pedinamenti e foto compromettenti che ritraggono l'uomo insieme alla cognata ed amante Ramona, cui concede anima e corpo la splendida esordiente Corinne Jiga, mentre elemento dominante della vicenda si riveleranno essere le bugie. Il tutto, commentato dalle belle musiche del sempre ottimo Paolo Buonvino, viene raccontato da Verdone con il consueto ricorso ad imbarazzanti ed esilaranti situazioni che vedono coinvolti pittoreschi personaggi dalla spiccata romanità (memorabili il ladro di macchine Alfredo e la sua combriccola di brutte facce), mentre Orfeo finisce prima per innamorarsi di Cecilia/Ana Caterina Morariu, conosciuta per puro caso, poi per trasformare il suo rapporto con Achille in una strana amicizia. Perché, tra risate ed amarezza, come il regista di Compagni di scuola ci ha da tempo abituati, è il rapporto tra genitori e figli ad essere analizzato, e, soprattutto, l'abbandono di questi ultimi da parte dei primi. Ma il Verdone neo-sociologico, il quale non dimentica neppure di dire in maniera divertita la sua nei confronti del grottesco, attuale "dramma" dell'ansia da prestazione, non riesce a convincere pienamente, a causa di uno script, concepito insieme a Pasquale Plastino, Silvia Ranfagni e lo stesso Muccino, che, non privo di dialoghi ridicoli e risvolti narrativi spesso prevedibili, finisce per concedere troppo spazio alla parte seriosa del lungometraggio; si giunge, infatti, all'epilogo consapevoli di avere appreso che, nella vita, bisogna perdere tutto per trovare ciò che è veramente importante, ma anche che in alcuni momenti della vicenda, tirati per le lunghe, tanto si è fatta sentire la mancanza del lato comico: proprio quello che spinge il pubblico a catapultarsi in sala per vedere il nuovo film di mister Borotalco.
La frase:
"Io a sbatterti in galera sai quanto ci metto? Cinque minuti!"
"E io ci metto cinque secondi a rovinarti la vita!"
Francesco Lomuscio
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