Il mai Nato
Come è facilmente intuibile durante la visione, pare che sia stato "Rosemary’s baby" il principale ispiratore di celluloide del quarto lungometraggio diretto da David S. Goyer, sceneggiatore di cinecomics del calibro de "Il corvo 2" e "Il cavaliere oscuro", le cui ricerche nel corso della realizzazione lo hanno portato anche a rivedere storie del folklore ebraico in cui si racconta di un antico spirito chiamato dybbuk, demone o anima di una persona deceduta che s’insidia nel corpo di un individuo vivo e ne assume il controllo del comportamento.
Ma, tra terrificanti apparizioni e frequente presenza di scarafaggi, la vicenda della giovane Casey Beldon (con le fattezze della Odette Yustman di "Cloverfield"), abbandonata dalla madre quando era ancora bambina e che comincia a essere perseguitata da incubi e da un fantasma inquieto fino a rintracciare nella Germania nazista la fonte di una maledizione ricaduta sulla sua famiglia, non sembra rifarsi unicamente al capolavoro diretto da Roman Polanski nel 1968.
Non a caso, al di là degli evidenti debiti nei confronti dei prodotti horror orientali e spagnoli d’inizio XXI secolo, lo spettatore più preparato al filone degli spaventi su pellicola non può fare a meno d’individuare momenti che ricordano il Clive Barker di "Hellraiser" e un certo universo generale decisamente nightmariano, soprattutto a causa del massiccio ricorso a situazioni oniriche.
Situazioni oniriche che, però, sembrano a lungo andare spingere il pubblico a sprofondare in maniera concreta nel mondo dei sogni, avvolto da uno spettacolo sì visivamente accattivante per merito in particolar modo della grigia atmosfera enfatizzata dalla bella fotografia di James Hawkinson ("Progeny"), ma al cui interno, oltre ad apparire sprecati sia l’ottimo James"I guerrieri della notte"Remar che l’osannatissimo Gary Oldman, tutto risulta già visto, tanto che se il film fosse uscito qualche anno fa sarebbe di sicuro rientrato tra quell’infinità di dimenticati titoli esorcistico-demoniaci che dalle nostre parti venivano sbattuti direttamente in vhs nella prima metà degli Anni Novanta (qualcuno ricorda "Il figlio delle tenebre" di Marina Sargenti?).
Del resto, cosa potevamo aspettarci dall’autore del pessimo "Invisible"?

La frase: "Un gemello non è altro che un diverso tipo di specchio".

Francesco Lomuscio

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