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Hell FestLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio16 ottobre 2018Voto: 6.5
È un omicidio posto già nel corso dei titoli di testa ad introdurre la seconda prova dietro la macchina da presa per Gregory Plotkin, regista di “Paranormal activity: Dimensione fantasma”, ma anche montatore dal già ricco curriculum (“Auguri per la tua morte” di Christopher Landon e “Scappa – Get out” di Jordan Peele nel mucchio).
Prova la cui ambientazione, in un certo senso, richiama alla memoria quella che caratterizzò nel 1981 “Il tunnel dell’orrore” di Tobe Hooper; in quanto, come lì avevamo alcuni ragazzi che rimanevano all’interno dell’attrazione da luna park del titolo per ritrovarsi ad avere a che fare con un sanguinario e mostruoso freak, qui labirinti, giostre e attori mascherati impegnati a spaventare persone sono le specialità del festival itinerante “Hell Fest”, approdato in città per Halloween e dove decide di trascorrere la serata un gruppo di giovani amici. Giovani tra cui Natalie e Brooke, ovvero la Amy Forsyth di “A Christmas horror story” e la Reign Edwards del reboot da terzo millennio della serie televisiva “MacGyver”, le quali, decise ad assaporare la paura e vivere l’adrenalina insieme ad altri migliaia di visitatori del posto, non immaginano che un misterioso tizio dal volto nascosto sotto ad un’inquietante maschera si aggiri insospettabile e indisturbato con un solo scopo: uccidere chi gli capita per le mani. Perché, tra chi parla quasi esclusivamente di sesso, chi dice “Torno subito” e, comunque, chi si dedica ad attività peccaminose destinato a perire sotto i colpi dell’assassino, ad essere rispettate sono le regole del filone slasher, costituito da elaborati in fotogrammi a base di fantasiosi omicidi ai danni di personaggi in uno spazio più o meno chiuso. Regole rispolverate e stravolte a metà anni Novanta da “Scream” di Wes Craven, ma poste nel decennio precedente da popolari saghe quali “Halloween” e “Venerdì 13” e che Plotkin e i suoi sceneggiatori Seth M. Sherwood, Blair Butler e Akela Cooper sembrano conoscere piuttosto bene. Infatti, con una breve apparizione per il Tony Todd del franchise “Final destination”, il massacro viene inscenato evitando le sadiche ed estenuanti dilatazioni temporali da torture porn, dispensando, al contrario, i brevi, violenti shock visivi mirati a garantire il tanto desiderato effetto liberatorio, come nella migliore tradizione del filone. E, man mano che il meccanismo cardine dello script si rivela essere la continua mescolanza tra la finzione dei giochi del festival e i reali interventi dello psicopatico, sono, tra l’altro, una testa schiacciata in maniera impressionante per mezzo di un grosso martello e un occhio perforato in dettaglio come ai tempi di “Zombi 2” di Lucio Fulci a toccare l’apice del raccapricciante nel corso della quasi ora e mezza di visione. Prima che si approdi al lungo inseguimento pre-epilogo, in mezzo ai pupazzi, di un’operazione meno prevedibile del previsto nonostante la tipologia di plot più che sfruttata dalla Settima arte horror e che, oltre ad assicurare divertimento da brivido, sembra lasciar intuire nella sua conclusione il vago tentativo di suggerire una denuncia nei confronti di tante personalità apparentemente per bene che popolano la società. La frase dal film:
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