Girotondo, giro intorno al mondo
Un esordio dal respiro internazionale. Il poeta-regista Davide Manuli viene dall’Actors Studio e ha lavorato con Al Pacino, Milos Forman, Mike Newell, mentre il suo successivo documentario Inauditi-Inuit è un viaggio antropologico al confine del Circolo Polare Artico. La sceneggiatura di Girotondo, giro intorno al mondo è stata finalista del Premio Solinas, e gli è valsa una borsa di studio con cui ha autoprodotto il film (insieme a Gianluca Arcopinto). Macchina da presa a spalla, bianco e nero di una luce a tratti abbacinante, montaggio sincopato, il cineasta ha sputato fuori un film apolide (per buona parte in francese) nel degrado periferico, dall’istintuale “anarchia delle cose e dei movimenti”, di personaggi frapposti al racconto.
Prima di un finale con un ringraziamento a Stefano Rulli e una dedica personale, Manuli inizia citando Emil Mihail Cioran per dirci che ad avvicinarci alla santità è il dolore interiore.

Sulle ben abbinate strofe di “Curami” dei CCCP e “il mare d’inverno” interpretata da Loredana Bertè, si alternano morti d’overdose nel fango, trans che dopo un “lavoretto” ad un poliziotto cantano il Rocky horror picture show, prostitute del circo, clienti in giacca, cravatta e mutande femminili che leggono solo “Topolino”, eroinomani con un solo anno di vita davanti e la voglia di un figlio per lasciare un segno del proprio passaggio, vecchie sedute a contemplare il loro passato. Tra deliri, concorsi di poesia, musica di strada, bestemmie al cielo contro nessun padre, balli tecno esagitati, solitudini rimaste senza amore per averne ricevuto troppo, nichilismo autodistruttivo (“perchè ti fai questo?”. “Perchè non conosco la ragione della mia esistenza. Sto combattendo una guerra che non conosco neanche e che ho paura di perdere”). Eppure, una donna può ancora sentirsi serena - come appena nata - al fianco di un angelo, ex-tossicodipendente incapace di far sesso. Il “girotondo” è allora una danza senza sfondo, un gioco, il solo modo per non toccare il fondo e apprezzare questo mondo.

La frase: "Quando dico la verità mi vergogno".

Federico Raponi

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